La filiera delle bioplastiche compostabili è una risorsa del Paese e va sostenuta e protetta contro illegalità, dumping dei prezzi e disinformazione. Dopo un decennio di crescita, il 2023 fotografa una battuta d’arresto per la filiera delle bioplastiche compostabili, che in oltre due decadi si è affermata come sistema economico fortemente interconnesso. Operatori preoccupati per fenomeni di illegalità, diffusione delle stoviglie “pseudo-riutilizzabili”, dumping dei prezzi ad opera dei prodotti in arrivo dal Far East, crescita dei materiali non compostabili nella raccolta dell’umido e aumento della disinformazione, spesso sulla base di posizioni antiscientifiche o pregiudiziali. Assobioplastiche-Biorepack-CIC: senza interventi normativi rapidi ed efficaci durissimo salvaguardare un comparto che rappresenta un’eccellenza a livello europeo e garantisce la possibilità di raggiungere i traguardi ambientali della Ue.
Fenomeni di illegalità ancora troppo diffusi, pericolosi meccanismi di dumping, calo dei consumi, forte diminuzione dei listini, crescente diffusione delle stoviglie “pseudo-riutilizzabili”, presenza crescente di materiali non compostabili all’interno della raccolta dell’umido, un grave stato di disinformazione. Sono molti i fattori da prendere in considerazione per comprendere i dati che descrivono lo stato di salute della filiera delle bioplastiche compostabili e della raccolta dell’umido in Italia. Dopo un decennio di crescita pressoché costante – che ha visto triplicare i volumi prodotti e più che raddoppiare fatturato, numero di addetti e di aziende – il 2023 ha fatto segnare la prima battuta d’arresto. La fotografia è contenuta nel X Rapporto sulla filiera italiana delle bioplastiche compostabili, presentato oggi a Roma durante il convegno organizzato da Assobioplastiche, Consorzio Biorepack e CIC (Consorzio Italiano Compostatori).
Numeri non allarmanti in sé, ma che non devono essere sottovalutati, visto il valore strategico che, anno dopo anno, la filiera delle bioplastiche ha dimostrato di avere, sia dal punto di vista della propensione agli investimenti in ricerca e sviluppo, sia per la capacità di costruire e moltiplicare sinergie con altri settori a partire da quello agricolo e, non da ultimo, per gli indubbi vantaggi ambientali che essa garantisce. Un comparto prezioso da tutelare, che in due decadi è diventato un sistema economico fortemente interconnesso, in grado di unire la ricerca con l’agricoltura e l’industria, il mondo dei consumi e del commercio con quello del riciclo e della produzione di compost e biogas, e che l’Italia è chiamata a proteggere se non vuole perdere la propria leadership nell’ambito della bioeconomia circolare.