End of waste: in arrivo i criteri per il fresato d’asfalto

Sta per essere pubblicato in Gazzetta Ufficiale il nuovo Regolamento del MATTM sui i criteri che, qualora soddisfatti, consentono che il granulato di conglomerato bituminoso, meglio conosciuto come fresato d’asfalto, possa vedere cessata la sua qualifica di rifiuto, ed assumere quella di “end of waste”.

I criteri che qualificano un rifiuto come “end of waste” (“EOW”)

In base all’art. 184-ter (“Cessazione della qualifica di rifiuto”) del D. Lgs. n. 152/2006 (c.d. “Testo Unico Ambientale”, TUA), al comma 1, vengono stabilite le condizioni, soddisfatte le quali, una sostanza od oggetto divenuto oramai rifiuto, assume la natura di “end of waste” (“EOW”), ed in particolare qualora sia stato sottoposto ad un operazione di recupero, e, nel contempo, soddisfi taluni criteri[1]. In tal senso, quanto esposto a tale fase della gestione, viene qualificato come “recuperato”.

Il Legislatore puntualizza che l’operazione di recupero (c.2) può essere una fra quelle attualmente previste a seguito del recepimento del c.d. “quarto correttivo” al TUA, con riferimento alla preparazione per il riutilizzo (“l’operazione di recupero  può’  consistere  semplicemente  nel controllare  i  rifiuti  per  verificare  se  soddisfano  i   criteri elaborati conformemente alle predette condizioni”), al recupero come materia (“riciclaggio”) o di altro tipo (compreso quello come energia).

EOW: la differenza con i sottoprodotti.

Pertanto, essendo una sostanza od oggetto sottoposto ad una operazione di recupero per cui è stato già riconosciuto lo status giuridico di “rifiuto”, l’“end of waste”, si differenzia decisamente da quella di sottoprodotto, in quanto esso viene costituito dal residuo di un processo, tassativamente di produzione e non di consumo (come evidenziano le numerose sentenze giurisprudenziali sul punto), che, alla stregua del primo, deve soddisfare molteplici e stringenti condizioni per divenire tale.

In particolare, l’onere della prova spetta al Produttore del residuo, il quale deve mostrare il contemporaneo verificarsi di talune condizioni (riportate all’art. 184-bis, c.1 del TUA) [2]  affinché gli scarti dei propri processi di produzione non vengano inclusi nella alla sfera dei rifiuti.

Il Regolamento sul fresato in corso di pubblicazione.

In attuazione del Codice Ambientale (art. 184-ter, c.2, D.Lgs. n. 152/2006), il provvedimento che verrà prossimamente pubblicato in Gazzetta Ufficiale, viene composto da 17 articoli e tre allegati, e riporta i criteri specifici che interessano talune categorie di conglomerato bituminoso di recupero, scaturite dalla fresatura e dalla frantumazione delle pavimentazioni stradali, soddisfatti i quali il rifiuto in esame, denominato appunto fresato d’asfalto, cessa di essere qualificato come tale.

L’atto normativo disciplina la fase di produzione, che viene basata su una “dichiarazione di conformità del produttore”, e della successiva gestione (composta dalle attività di deposito, movimentazione e trasporto) del rifiuto da parte di impianti che hanno ricevuto autorizzazione alla loro gestione secondo la procedura sia ordinaria che semplificata, oppure che operano in regime di Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA). Si voglia notare come il riutilizzo del fresato di asfalto “nello stesso luogo e contestualmente nelle operazioni di fresatura”, viene invece escluso dal campo di applicazione.

[1] Essi devono essere adottati nel rispetto delle seguenti condizioni: a) la sostanza o l’oggetto è comunemente utilizzato per  scopi specifici; b) esiste un  mercato  o  una  domanda  per  tale  sostanza  od oggetto; c) la sostanza o l’oggetto soddisfa i requisiti tecnici per gli scopi specifici e rispetta la  normativa  e  gli  standard  esistenti applicabili ai prodotti; d) l’utilizzo della sostanza  o  dell’oggetto  non  porterà ad impatti complessivi negativi sull’ambiente o sulla salute umana.

[2] a) la sostanza od oggetto in esame deve essere originata da un processo di produzione, di cui costituisce parte integrante, e il cui scopo primario non è la produzione di tale sostanza od oggetto: con tale espressione, il Legislatore prende in considerazione esclusivamente i “residui” di un processo di produzione (escludendo pertanto i processi di consumo); b) l’utilizzo della sostanza od oggetto deve essere certo, e ciò può avvenire sia nel corso dello stesso o di un successivo processo produttivo; questo comporta la possibilità che l’utilizzo non debba essere necessariamente “integrale“: infatti possono essere avviate al nuovo utilizzo anche solo in determinate quantità di sottoprodotti (ad esempio quelle che il mercato riesce a assorbire); in tal senso, quanto non viene collocato sul mercato dal Produttore, rimane nella categoria dei rifiuti; c) L’utilizzo in un successivo in processo di produzione o di utilizzazione della sostanza/oggetto può avvenire, con l’attuale tracciato normativo, sia da parte del produttore o di terzi; in particolare il momento della “produzione” e quello della “utilizzazione” possono anche non coincidere2: questo significa che il sottoprodotto può essere impiegato successivamente al momento della produzione, fermo restando che la destinazione deve essere comunque certa, cioè adeguatamente dimostrabile con riscontri obiettivi;

la sostanza o l’oggetto può essere utilizzato direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale (“NPI”); la normativa specifica che la sostanza o l’oggetto deve essere utilizzato direttamente, e, qualora non lo sia, specifica talune operazioni, atte a poter rendere utilizzabile il sottoprodotto;d) L’ulteriore utilizzo è legale, ossia la sostanza o l’oggetto soddisfa, per l’utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell’ambiente e non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o la salute umana: in altri termini, deve possedere proprietà analoghe ai prodotti.

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