Indagine Confindustria – TIM sui modelli organizzativi e gestionali “231”: solo il 36% delle piccole e medie aziende in Italia li adotta

Confindustria, in collaborazione con TIM, ha realizzato un indagine su 45 imprese di piccola e media dimensione operative in otto regioni italiane. Sebbene dall’analisi emerga che la maggiorparte delle Aziende dichiari di conoscere la disciplina sulla responsabilità amministrativa degli enti, in realtà soltanto una quota di queste (il 36%) adotta il Modello Organizzativo e Gestionale basato sulle prescrizioni contenute nel D.Lgs. n. 231/2001 (“MOG 231”).

Che cos’è e a cosa serve un modello organizzativo e gestionale 231

Un Modello Organizzativo e Gestionale 231 (“MOG 231”) rappresenta l’insieme dei processi predisposti dall’Azienda con il fine di prevenire la commissione dei reati contemplati nel Decreto Legislativo n. 231, recante “Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica”, che rappresenta il frutto del recepimento degli impegni assun­ti dall’Italia, anche a livello comunitario ed internazionale, nell’ambito della lotta alla corruzione.

Il Decreto introduce un nuovo tipo di responsabilità, in sede penale, a carico degli enti per alcuni reati commessi, a vantaggio o nell’interesse dell’Ente, da persone fisiche che rivestono funzioni di rappresentanza, amministrazione o direzione degli enti stessi o di una unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria o funzionale (posizioni apicali), nonché da persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti sopra indicati (soggetti sottoposti).

Tale responsabilità si aggiunge a quella della persona fisica che ha materialmente commesso il reato.

La responsabilità della società è esclusa nei casi in cui il reato sia stato commesso dall’autore esclusivamente per perseguire un interesse personale.

E’ significativo notare, anche alla luce dei risultati dell’indagine sotto riportati, che, dal momento in cui il Decreto 231 è entrato in vigore, e soprattutto negli ultimi anni, numerosi sono stati gli interventi del Legislato­re, finalizzati ad includere nella responsabilità penale ed amministrativa degli Enti, una maggiore gamma di re­ati.

In particolare, nel settore ambientale, sono due gli interventi del Legislatore da ricordare: l’introduzione dell’art. 25-undecies, con la Legge n. 121 del 7 Luglio 2011, e, soprattutto, le modificazioni ed integrazioni introdotte al medesimo articolo con la c.d. “Legge sugli Ecoreati”, la n. 68 del 22 Maggio 2015.

I risultati dell’indagine.

Con l’“Indagine modelli organizzativi 231 e anticorruzione” condotta su un campione di 45 imprese di piccola e media dimensione operative in otto regioni italiane (Piemonte, Lombardia, Liguria, Emilia-Romagna, Lazio, Campania, Puglia, Sicilia), Confindustria (affari legislativi) e TIM (Direzione compliance), hanno perseguito due obiettivi:

  • comprendere quanto possa essere diffuso il modello 231 tra le piccole e medie imprese italiane;
  • individuare la percezione della sua utilità presso i soggetti intervistati, anche in relazione al contrasto e alla prevenzione dei fenomeni corruttivi.

I risultati mostrano un quadro disarmante sulla reale applicazione dei Modelli Organizzativi e Gestionali “231” nel nostro tessuto economico ed aziendale.

Se da un lato l’87% delle imprese partecipanti all’indagine dichiara di conoscere la disciplina sulla responsabilità amministrativa degli enti, dall’altro solo 16 imprese su 45 (pari al 36%) hanno concretamente adottato il MOG 231, e la restante parte delle imprese, prive di esso, manifestano l’intenzione di implementarlo. Questa dichiarazione di buona volontà non può non far riflettere sulla mancata adozione del modello dalla stragrande maggioranza degli intervistati, pure a fronte di una trasversale ed elevata percezione di rischi corruttivi da parte degli stessi.

L’indagine mostra che una spinta significativa verso l’ampliamento del numero di Aziende coinvolte è dovuto dall’incremento della quantità e della qualità dei reati sanzionabili, con particolare riferimento all’inclusione degli illeciti in materia di salute e sicurezza sul lavoro.

Soltanto il 27% delle imprese intervistate ha provveduto a realizzare misure per rilevare situazioni di conflitto di interessi con riferimento al management e ad altri dipendenti. Un quarto del campione prevede sanzioni per la violazione della disciplina sul conflitto di interessi.

Si voglia notare, a proposito dei modelli concretamente applicati dalle imprese, che quasi un quinto di essi risulta privo del sistema disciplinare e in nessuna impresa intervistata sono previste misure sanzionatorie per i soggetti terzi contraenti.

Notevole interesse viene manifestato dalle Aziende in merito agli episodi di formazione sul Decreto 231: il 40% del campione ha svolto attività sul punto, e la stragrande maggioranza del restante considera importanti gli incontri formativi momenti per diffondere la cultura della legalità d’impresa.

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