La responsabilità per l’abbandono dei rifiuti: profilo penale ed amministrativo

Con una sentenza dello scorso novembre, il TAR Friuli precisa che la responsabilità correlata all’abbandono dei rifiuti può essere accertata sia nel processo penale che in quello amministrativo, con la differenza che nel primo va raggiunta la certezza della colpevolezza, mentre nel secondo opera il criterio “più probabile che non”.

Il divieto di abbandono

Con la sentenza n. 304 del 7 Novembre 2017, il TAR del Friuli Venezia Giulia ha offerto importanti puntualizzazioni in merito al profilo penale ed amministrativo dell’illecito compiuto in violazione dell’art. 192 del Testo Unico Ambientale (D.Lgs. n. 152/2006), ovvero nel caso di abbandono di rifiuti sulle matrici ambientali.

Precisiamo il reato e analizziamo successivamente il contenuto della sentenza.

Il divieto di abbandono e deposito incontrollato (art. 192, D.Lgs. n. 152/2006, “TUA”)

Il Legislatore, con l’art. 192 del TUA, offre un importante definizione, con riferimento a quella di “divieto di abbandono”, prescrivendo che “l’abbandono e il deposito incontrollati di rifiuti sul suolo e nel suolo sono vietati”, ed è “altresì vietata l’immissione di rifiuti di qualsiasi genere, allo stato solido o liquido, nelle acque superficiali e sotterranee”.

Il c. 3 dell’art. 192 dispone che, salvo determinate condizioni (art. 255 e 256 TUA), chiunque viola i divieti sopra citati deve:

  • rimuovere, avviare al recupero, oppure smaltire i rifiuti;
  • ripristinare lo stato dei luoghi in solido (con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull’area, ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo  o  colpa, in base agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dai soggetti preposti al controllo).

A tal fine il Sindaco dispone con ordinanza le operazioni a tal fine necessarie ed il termine entro cui provvedere, decorso il quale procede all’esecuzione in danno dei soggetti obbligati ed al recupero delle somme anticipate.

Il Sistema sanzionatorio vigente per la violazione dell’art. 192

Con l’art. 256 del TUA, si specifica l’entità delle sanzioni riguardante la trasgressione del divieto:

  • nel caso generale, è compresa tra euro 105 e 620;
  • nel caso particolare in cui l’abbandono è sul suolo e i rifiuti sono non pericolosi e non ingombranti (salvo quanto disposto dall’articolo 256, c.2), tra euro 25 e 145.

Tale divieto rappresenta un elemento fondamentale nella normativa riguardante i rifiuti: da questo deriva l’obbligo di avviare per i produttori e/o detentori, il rifiuto agli impianti di recupero o di smaltimento, previa autorizzazione, secondo le procedure indicate nel TUA.

Al fine di non dover costituire eccessivo aggravio sotto il profilo economico e finanziario, il Legislatore consente ai soggetti che li producono, il deposito temporaneo dei rifiuti all’interno dell’Azienda, indicato come il raggruppamento dei rifiuti effettuato, prima della raccolta, nel luogo in cui gli stessi sono prodotti, alle determinate condizioni.

Infine, è vietata la miscelazione di rifiuti pericolosi con quelli non pericolosi, ovvero di categorie di diverse di rifiuti pericolosi tra di loro (art. 187, TUA).

La sentenza

Il TAR Friuli, con la sentenza n. 304, puntualizza che, nell’ambito del processo amministrativo, rimane sufficiente il solo quadro indiziario, purché esso sia significativo e coerente, al fine di attribuire la responsabilità del reato in oggetto, e con essa la legittimità dell’ordine di rimozione a carico, che, come sopra evidenziato, spetta all’Autore, ovvero al Responsabile dell’illecito.

Esso precisa che l’onere probatorio debba configurarsi differentemente nel processo penale ed in quello amministrativo, per cui nel primo va raggiunta la certezza della colpevolezza dell’imputato, al di là di ogni ragionevole dubbio, mentre nel secondo opera il criterio sopra enunciato.

Nel caso di specie, il Giudici ritengono che il materiale abbandonato (con riferimento a: creme solari, balsamo per capelli, tinte per capelli), è “più probabile che non”, che sia da addebitare all’imputato, e di conseguenza, anche la relativa rimozione.

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