TARI: con la Legge di Bilancio 2018, viene prorogata l’applicazione del “criterio medio-ordinario” per la determinazione delle tariffe da parte dei Comuni

Il Comune, in alternativa al c.d. “metodo normalizzato”, previsto dal DPR n. 158/99 per la determinazione delle tariffe della TARI, anche per il 2018 può commisurare le stesse alle quantità e qualità medie ordinarie di rifiuti prodotti per unità di superficie, in relazione agli usi e alla tipologia delle attività svolte nonché al costo del servizio sui rifiuti (c.d. “criterio medio-ordinario”).

Come si determina l’importo della Tassa Rifiuti

La normativa vigente prescrive che la Tassa Rifiuti (TARI), e di conseguenza l’importo a carico di ciascun soggetto obbligato, venga determinata attraverso opportuno Regolamento Comunale dell’Entrata, il cui gettito complessivo, contrariamente al passato remoto (come avveniva con la c.d. “TARSU”), deve coprire integralmente il costo del servizio di igiene urbana erogato e svolto per la raccolta, il trasporto e successivo recupero/ smaltimento dei rifiuti[1]; a tal fine suddetto importo deve essere commisurato ad una determinata tariffa.

In tal senso il Legislatore concede all’Ente locale competente, con particolare riferimento al Comune, la possibilità di stabilire se applicare una tariffa “puntuale” o “presuntiva”:

  • nel primo caso la Tassa (denominata TARI), contemplerà un meccanismo impositivo tale per cui la tariffa, su cui si basa il computo della TARI, sarà determinata mediante un meccanismo presuntivo (in altri termini, l’Ente presume che, per determinate categorie di superfici e di utenti, cittadini o imprese, ovvero corrispondenti tipologie di rifiuti, urbani, speciali, o speciali assimilati agli urbani, vengano prodotte talune quantità di rifiuto per unità di superficie);
  • nel secondo caso, invece, il meccanismo impositivo verrà fondato, in termini di costi generati dal servizio per determinare l’entità della tariffa da applicare a ciascun utente, anche sulla quantità di rifiuti prodotti dallo stesso, per cui si definisce la tassa come “puntuale” (da cui l’acronimo TARIP).

Nel caso in cui il Comune opti per la prima ipotesi, in base ai commi 651 e 652 dell’art. 1 della c.d. “Legge di stabilità 2013” (L. n. 147/13), si aprono due possibili alternative, in merito alla determinazione delle tariffe:

  • utilizzazione di un metodo generale standard fissato dalla normativa, con il DPR n. 158 del 1999, riportato nell’allegato 1 allo stesso e denominato “metodo normalizzato”(ex c. 651, art. 1, L. n. 147/13[2]): in questo caso, per la determinazione della tariffa relativa ad ogni tipologia di utenza sulla quale calcolare l’importo a suo carico (ed in particolare, a monte, per la determinazione della quota fissa e quella variabile che la compongono), il Comune utilizzerà suddetto metodo[3];
Il metodo normalizzato attiene la definizione delle componenti di costo da coprirsi con le entrate tariffarie e per la determinazione della tariffa di riferimento relativa alla gestione dei rifiuti urbani (DPR 158/99, art. 1). In particolare, con il termine “tariffa di riferimento”, si intende l’insieme dei criteri e delle condizioni che devono essere rispettati per la determinazione della tariffa da parte degli enti locali, che deve essere determinata con l’obiettivo di coprire (n.b.: mediante il gettito che deriva dall’attività di riscossione), tutti i costi afferenti al servizio di gestione dei rifiuti urbani[4].
  • utilizzazione di un metodo alternativo, predisposto dal Comune stesso (ex c. 652, art. 1, L. n. 147/13[5]), attraverso il quale venga commisurata la tariffa alle quantità e qualità medie ordinarie di rifiuti prodotti per unità di superficie, in relazione agli usi e alla tipologia delle attività svolte nonché al costo del servizio sui rifiuti (c.d. “criterio medio-ordinario”).

La proroga del criterio medio-ordinario per il 2018.

Con la Legge di Bilancio 2018 (L. n. 205/17) questa possibilità indicata al precedente punto 2) è stata prorogata anche per l’anno in corso.

Infatti, con il disposto, l’Ente locale, in alternativa ai criteri di cui al c. 651, art. 1 della “Legge di stabilità 2013” (ed anche nel rispetto del principio «chi inquina paga», così come recita la L. n. 205/17, di cui alla c.d. “Direttiva Quadro” sui rifiuti[6]), può rapportare la tariffa alle quantità e qualità medie ordinarie di rifiuti prodotti per unità di superficie, in relazione agli usi e alla tipologia delle attività svolte nonché al costo del servizio sui rifiuti.

Di fatto, l’entità della tariffa, per ogni categoria o sottocategoria omogenea, viene determinata dall’Ente locale moltiplicando il costo del servizio per unità di superficie imponibile accertata, previsto per l’anno successivo, per uno o più coefficienti di produttività quantitativa e qualitativa di rifiuti.

La normativa prevede che, qualora non venga rivisto il c.d. “metodo normalizzato”, per semplificare l’individuazione dei coefficienti relativi alla graduazione delle tariffe il comune:

  • può prevedere, anche per il 2018, l’adozione dei coefficienti di cui alle tabelle 2, 3a, 3b, 4a e 4b dell’allegato 1 al citato DPR n. 158 del 1999, inferiori ai minimi o superiori ai massimi ivi indicati del 50 per cento:
  • può altresì non considerare i coefficienti di cui alle tabelle 1a e 1b del medesimo allegato 1.

Per particolari categorie (con riferimento alle utenze non domestiche relative ad attività commerciali, industriali, professionali e produttive in genere, che producono o distribuiscono beni alimentari, e che a titolo gratuito cedono, direttamente o indirettamente, tali beni alimentari agli indigenti e alle persone in maggiori condizioni di bisogno ovvero per l’alimentazione animale), si prevede che l’Ente locale possa applicare un coefficiente di riduzione della tariffa proporzionale alla quantità, debitamente certificata, dei beni e dei prodotti ritirati dalla vendita e oggetto della stessa.

[1] Infatti, in base all’art. 1, c.654 della L. n. 147/13 (c.d. “Legge di stabilità”), si prescrive che, “in ogni caso deve essere assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio relativi al servizio, ricomprendendo anche i costi di cui all’articolo 15 del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36, ad esclusione dei costi relativi ai rifiuti speciali al cui smaltimento provvedono a proprie spese i relativi produttori comprovandone l’avvenuto trattamento in conformità alla normativa vigente”.

[2] “Il comune nella commisurazione della tariffa tiene conto dei criteri determinati con il regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1999, n. 158”.

[3] Qualora applicato il metodo normalizzato, si ricorda, alla luce della proroga delle prescrizioni contenute nella L. n. 2015/17, per quanto riguarda l’utilizzo dei coefficienti previsti dal DPR n. 158/99 per la determinazione della tariffa (con riferimento ai Kb, Kc, e Kd), gli enti possono derogare, per quanto attiene ai limiti minimo e massimo, nella misura del 50%, e non contemplare, nella definizione della tariffa utenze domestiche, quota fissa, il coefficiente Ka, ovvero non contemplare la numerosità del nucleo familiare nella

[4] In particolare la normativa (DPR 158/99, art. 2, c.2) prescrive che debba essere rispettata la seguente equivalenza (punto 1, Allegato 1, DPR 158/99): la somma dei costi di gestione del ciclo dei servizi attinenti i rifiuti solidi urbani (CGn-1) e dei costi comuni imputabili alle attività relative ai rifiuti urbani dell’anno precedente (CCn-1), opportunamente attualizzata, deve essere pari ai costi d’uso del capitale relativi all’anno di riferimento (CKn).

[5] Il comune, in alternativa ai criteri di cui al comma 651 e nel rispetto del principio «chi inquina paga», sancito dall’articolo 14 della Direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, relativa ai rifiuti, può commisurare la tariffa alle quantità e qualità medie ordinarie di rifiuti prodotti per unità di superficie, in relazione agli usi e alla tipologia delle attività svolte nonché al costo del servizio sui rifiuti. Le tariffe per ogni categoria o sottocategoria omogenea sono determinate dal comune moltiplicando il costo del servizio per unità di superficie imponibile accertata, previsto per l’anno successivo, per uno o più coefficienti di produttività quantitativa e qualitativa di rifiuti. Nelle more della revisione del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1999, n. 158, al fine di semplificare l’individuazione dei coefficienti relativi alla graduazione delle tariffe il comune può prevedere, per gli anni 2014, 2015, 2016, 2017 e 2018, l’adozione dei coefficienti di cui alle tabelle 2, 3a, 3b, 4a e 4b dell’allegato 1 al citato regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 158 del 1999, inferiori ai minimi o superiori ai massimi ivi indicati del 50 per cento, e può altresì non considerare i coefficienti di cui alle tabelle 1a e 1b del medesimo allegato 1. Alle utenze non domestiche relative ad attività commerciali, industriali, professionali e produttive in genere, che producono o distribuiscono beni alimentari, e che a titolo gratuito cedono, direttamente o indirettamente, tali beni alimentari agli indigenti e alle persone in maggiori condizioni di bisogno ovvero per l’alimentazione animale, il comune può applicare un coefficiente di riduzione della tariffa proporzionale alla quantità, debitamente certificata, dei beni e dei prodotti ritirati dalla vendita e oggetto di donazione.

[6] Ex art. 14 della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008.

Ultime news