I colli di bottiglia del settore privato dell’igiene urbana  

Le gestione dei rifiuti in italia e la concreta attuazione dei principi della circular economy in Italia sono seriamente minacciati da numerose criticità.Nel corso delle ultime settimane gli operatori del settore, segnatamente le imprese che si occupano di selezione e trattamento, hanno manifestato l’impossibilità di assicurare il corretto svolgimento delle proprie attività, che va direttamente ad incidere, a monte della filiera, sulla possibilità che ciascun Comune ha, di assicurare l’igiene ed il decoro urbano nelle nostre Città.

Abbiamo ascoltato le opinioni di alcuni esperti, che hanno espresso le loro valutazioni su come possano essere affrontati e risolti con successo i numerosi “colli di bottiglia” che impediscono al rifiuto di rinascere.

Enzo Scalia, managing Director, Benfante Group: “ll recente sviluppo della Circular Economy impone agli operatori della raccolta e della selezione dei rifiuti di garantire una sempre maggiore qualità di carta, cartone, plastiche, finalizzate al riciclo industriale, cosa che comporta una maggiore produzione di scarti nella selezione (il c.d. CER 19.12.12), proprio nel momento in cui le disponibilità di smaltimento (discariche e termovalorizzatori) del nostro Paese si sta sensibilmente riducendo, a causa della diminuzione degli spazi disponibili e della difficoltà di autorizzare nuovi impianti. Purtroppo in Italia, secondo paese manifatturiero della UE si è storicamente dato molto rilievo al tema dei rifiuti urbani (quelli prodotti dalle famiglie, sottoposti a privativa comunale, e pari a 30 milioni di tonnellate annue), e si è trascurato quello della gestione degli “speciali” (prodotti da industria e attività produttive), realizzati in misura pari a quattro volte; attività accompagnata da una crescente concentrazione in mano pubblica (o ex pubblica, come nel caso delle multiutilities) dei principali canali di smaltimento. Inevitabilmente, per ragioni di strategia politica (e a volte anche meramente economica), tale gestione dello smaltimento assicura canali privilegiati agli “urbani” (che peraltro soffrono di regimi emergenziali e costi insostenibili in diverse aree del paese), finendo per trascurare la questione degli “speciali”. Se a questa miopia strategica si aggiunge una rappresentazione mediatica presbite, otteniamo l’effetto attuale: i privati che gestiscono a vario titolo i rifiuti tendono verso una cronica devianza e tutta l’Italia diventa “Terra dei fuochi”, con conseguente coro di benpensanti che strillano la loro indignazione e richieste stringenti di aumentare la mano pubblica su tale segmento di business. Quindi il cerchio si chiude: senza una vera analisi ragionata e condivisa, una causa del problema assurge a ipotesi di soluzione in un loop senza soluzione di continuità. Nel frattempo, gli stoccaggi di rifiuti crescono, e i rischi di incendio aumentano, sia per le imprese private sia per le imprese pubbliche.”.

Roberto Romiti, Lamacart: “La questione “stoccaggi” dei rifiuti all’interno di impianti dedicati alle attività di trattamento finalizzata all’ottenimento di un materiale in grado di essere collocato sul mercato rappresenta un problema di rilevanti dimensioni, di cui si è trattato in numerosi convegni. Una soluzione temporanea che si potrebbe disporre, sarebbe quella di trovare ulteriori mercati di sbocco rispetto a quelli esistenti, ed in particolare le aziende dei paesi dell’est europeo. La questione degli scarti del trattamento dei flussi di raccolta differenziata, segnatamente dei codici CER 191212, 191210, 190505, altrettanto presenta rilevanti contorni, in quanto gli impianti cui essi sono destinati, ovvero le discariche fra gli impianti di smaltimento, sono saturi, ovvero non in grado di ospitarli, e, per il gioco della domanda e dell’offerta, sono valorizzati dall’impianto di destinazione a prezzi sin troppo elevati”.

Rappresentanti delle Aziende di Cisambiente del sud Italia: “Proprio quando la raccolta differenziata dei rifiuti urbani ha cominciato a diffondersi anche nel meridione d’Italia, la decisione della Cina di aumentare il livello di qualità dei rifiuti (carta e plastica) da importare ha di fatto bloccato le nostre esportazioni verso quel paese. In mancanza di quello “sbocco”, le balle di materiali da riciclo, soprattutto plastica, hanno cominciato ad accumularsi presso i depositi dei centri di selezione, provocando l’intasamento degli stessi con i conseguenti rischi di natura igienico-sanitaria, di incendio e, soprattutto, il rischio di bloccare di fatto i conferimenti delle raccolte differenziate, generando così situazioni di abbandono di rifiuti nelle strade e la delusione (oltre che la rabbia!) degli stessi cittadini che si erano finalmente convinti a fare la selezione dei propri rifiuti. Una possibile soluzione di emergenza per evitare questo? Creare con urgenza, a valle della filiera di trattamento, una serie di grossi centri di stoccaggio temporaneo da parte dei Consorzi Nazionali di concerto con il Ministero Ambiente, per “sbloccare” gli impianti di selezione ed evitare il crearsi di una nuova, diffusa, terribile emergenza ambientale nelle nostre città… in attesa di trovare la giusta collocazione sul mercato dei suddetti materiali”.

Claudio Andrea Gemme – Presidente del Gruppo Tecnico Industria e Ambiente di Confindustria: “Le aziende manifatturiere stanno affrontando una crisi senza precedenti. Parliamo di imprese che fanno economia circolare, ma che sono in crisi perché non riescono a collocare lo scarto non riciclabile originato dalle loro attività. I costi per lo smaltimento dei rifiuti stanno diventando insostenibili (in alcune realtà sono più che raddoppiati negli ultimi 2 anni) e gli spazi si stanno esaurendo. Il Paese ha bisogno di impianti e infrastrutture, dobbiamo affrontare con le tecnologie più innovative e con l’informazione la sindrome Nimby. Industria, Ambiente e Salute possono viaggiare nella stessa direzione. A Copenaghen è presente nel centro cittadino un termovalorizzatore che, oltre a non inquinare e produrre energia dai rifiuti a favore della città, dando corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda ad altre 160.000, è dotato sul tetto anche di una pista da sci.”

Lucia Leonessi, Direttore Generale, Cisambiente: “Per rinvenire la definizione  di stoccaggio di rifiuti ci si deve rifare al D.Lgs. n. 152 del 2006 e in particolare all’articolo 183, c. 1. Tale attività  rappresenta una fase cruciale del loro processo di gestione,  dove gli  stessi sono raggruppati in  un determinato sito, per cui  viene richiesta una specifica autorizzazione,  in attesa della sua destinazione finale, e la temporaneità di questa posizione lungo la filiera del trattamento risulta fondamentale. Quanto accaduto nell’ultimo anno, con la raccolta di quantità inaspettate di rifiuti, sopratutto da superfici urbane grazie al comportamento virtuoso dei cittadini che hanno scelto la raccolta differenziata come vero e proprio stile di vita, è dovuto ad un fermo imprevisto di alcuni canali di smaltimento tale da creare la paralisi e costi immensi per il gestore degli impianti di trattamento dei rifiuti. Gli stessi roghi di rifiuti evidenziano ovviamente il problema, e pongono l’attenzione sulla ricerca di una reale soluzione: impianti di smaltimento che sarebbero anche centro di produzione di energia sana e pulita… contrariamente al rogo.”.

Stefano Sassone, Responsabile Area Tecnico-Scientifica, Cisambiente:
 “Cisambiente, Confederazione Imprese Servizi Ambiente, rappresenta il cuore verde di Confindustria.  Nata solamente due anni orsono, ma con oltre 170 aziende all’interno del suo corpo associativo, è adeguatamente rappresentativa del settore privato dell’igiene urbana, e non può esimersi dall’evidenziare quanto le aziende che vanno a gestire gli impianti di trattamento dei rifiuti non pericolosi denunciano quotidianamente nei confronti delle istituzioni competenti e dell’opinione pubblica. Faccio riferimento ai numerosi “colli di bottiglia” che si presentano lungo la filiera della gestione dei rifiuti. Segnatamente, la questione degli stoccaggi oltre misura, ovvero oltre quanto autorizzato dalle pubbliche autorità, negli impianti di trattamento di rifiuti in plastica ed in carta, e quella degli scarti non riciclabili del trattamento, che rappresentano un rilevante elemento di sofferenza economica per le nostre imprese che, nel quadro dell’economia circolare, così fortemente voluta dalla Comunità Europea, richiedono, legittimamente, provvedimenti in grado di consentire loro la corretta collocazione sul mercato delle quantità di materiale trattato, senza che ciò diventi un costo iniquo, con l’effetto benefico di evitare situazioni emergenziali nella gestione dei rifiuti cui stiamo assistendo nelle ultime settimane”.

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