Acque di vegetazione da frantoio, spandimento su area incolta non è “fertirrigazione”

Perché sia configurabile la “fertirrigazione”, sottratta alla disciplina sui rifiuti, occorre l’esistenza di colture sull’area interessata dallo spandimento delle acque di vegetazione da frantoio. Lo afferma la Corte di Cassazione penale.

Che cos’è la fertirrigazione?

La pratica viene finalizzata alla sottrazione delle deiezioni animali alla disciplina sui rifiuti.

Essa richiede, in primo luogo, l’esistenza effettiva di colture in atto sulle aree interessate dallo spandimento, nonché l’adeguatezza di quantità e qualità degli effluenti e dei tempi e modalità di distribuzione al tipo e fabbisogno delle colture e, in secondo luogo, l’assenza di dati sintomatici di una utilizzazione incompatibile con la fertirrigazione, quali, ad esempio, lo spandimento di liquami lasciati scorrere per caduta a fine ciclo vegetativo.

Per sua natura, si ottengono taluni vantaggi nella distribuzione del fertilizzante, dovendosi impiegare una minore quantità di manodopera in luogo delle macchine agricole per le operazioni colturali, da cui deriva un minore calpestamento del terreno assoggettato all’attività, oltre ad indubbi vantaggi di natura agronomica (es.: miglior frazionamento della concimazione azotata, effettivo spandimento nell’area interessata, assenza assenza di perdite di nutrienti e di acqua, ecc.. ).

La sentenza

La posizione della Corte, espressa con una sentenza del 23 Agosto, la n. 36367, è stata quella di condanna a carico di un Azienda pugliese per il reato di abbandono di rifiuti (art. 256, c. 1, del Dlgs 152/2006, “TUA”), per errata forma di fertirrigazione.

Infatti l’impresa, avendo provveduto ad uno spandimento continuo ed incontrollato, in terreno agricolo di sua proprietà, acque di lavaggio delle olive e di vegetazione, avente come unica destinazione un determinato punto dello stesso, coperto da “macchia mediterranea” dal quale erano assenti coltivazioni “in atto”, è stata giudicata, in realtà, colpevole ai sensi del suddetto articolo del TUA, in relazione alla classificazione delle acque come rifiuti (da cui la situazione, ritenuta come di “abbandono” del rifiuto e per questa ragione sanzionata, in assenza di opportuna autorizzazione).

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