Studi in atto dimostrano come le api siano in grado di intercettare il virus Sars-Cov-2 durante i loro voli esplorativi. Ma anche i cani sono uno strumento di screening. Lo dimostra uno studio clinico dell’Istituto Europeo di Oncologia, condotto in collaborazione con l’Università di Milano e patrocinato da Confindustria Cisambiente.
Il Tema
Oltre a fornire servizi ecosistemici fondamentali come quelli legati all’impollinazione e al mantenimento della biodiversità, le api possono essere usate come bioindicatori nei piani di monitoraggio ambientale. Sono infatti insetti volanti che formano grandi popolazioni e che hanno un’elevata mobilità all’interno dell’area esplorata. In più, il loro corpo è ricoperto di peli e setole, che cattura il polline e altre particelle durante il volo.
Queste caratteristiche sono già state sfruttate per monitorare i livelli di radioattività, per individuare metalli pesanti e pesticidi e per accertare la presenza di patogeni vegetali. Di recente, uno studio firmato da Giovanni Cilia, Laura Bortolotti, Sergio Albertazzi, Severino Ghini e Antonio Nanetti ha dimostrato che le api sono in grado di intercettare il virus Sars-Cov-2 durante i loro voli esplorativi.
La ricerca, pubblicata sulla sulla rivista Science of the Total Environment e realizzata nell’ambito del progetto BeeNet, coordinato dal Crea e finanziato dal Mipaaf, ha preso spunto da diversi studi che hanno individuato concentrazioni misurabili del Covid19 nelle polveri sottili disperse nell’aria.
La ricerca è stata condotta installando dei campionatori automatici all’ingresso di 10 alveari posizionati nella sede di Bologna del Crea: in tutti i casi, si è riscontrata la presenza di tracce del virus nei campioni analizzati. D’altro canto, non sono state rilevate tracce del virus sulla superficie dei favi e delle masse di polline compresso e immagazzinato nelle celle interne all’alveare, escludendo così ogni rischio per gli apicoltori e per i consumatori del miele e del polline.
Lo studio apre alla possibilità di costituire reti di monitoraggio epidemiologico basate sulle api. Il loro utilizzo, infatti, a differenza dei campionatori automatici, è flessibile poiché non richiede infrastrutture specifiche e può essere facilmente replicato, adattandolo alle diverse caratteristiche del territorio. Un altro servizio, anche questo fornito gratuitamente dalle api.
Dalle api ai cani, nuovi studi e strumenti di screening medico Non solo api, anche i cani sono uno strumento di screening, rapido e non invasivo contro il Covid. Lo prova uno studio clinico dell’istituto Europeo di Oncologia, condotto in collaborazione con l’Università di Milano e patrocinato e sponsorizzato da Confindustria Cisambiente, dal titolo Se ti fiuto ti aiuto, che prevede di addestrare due cani a fiutare il virus nelle persone asintomatiche, sfruttando la potenza straordinaria del loro olfatto.
Le dichiarazioni del Direttore Generale di Confindustria Cisambiente, Lucia Leonessi
Lo scopo è proteggere ulteriormente i pazienti oncologici evitando tempi di attesa e esami invasivi. Il direttore generale di Confindustria Cisambiente, Lucia Leonessi “Noi di Confindustria Cisambiente che investiamo enormi risorse a favore degli animali abbiamo accolto con entusiasmo il progetto – dichiara il direttore generale, Lucia Leonessi – non solo per lo sviluppo immediato che avrà nei confronti delle fasce più delicate e fragili (bambini e anziani), ma anche considerando la grande possibilità di divenire strumento di screening in centri di agglomerazione obbligatoria come gli aeroporti, le stazioni o i centri sportivi e di manifestazione pubblica“.
Le dichiarazioni di Roberto Gasparri, Divisione di Chirurgia Toracica IEO
Non a caso il cane è definito il miglior amico dell’uomo perché con il suo fiuto straordinario è in grado di percepire la presenza di alcune malattie negli esseri umani, questo avviene perché ogni patologia provoca un cambiamento nel metabolismo che, in sintesi, altera l’odore della persona. I cosiddetti Voc, cioè gli odori emessi forma di composti volatili sono divenuti negli ultimi anni un filone importante della ricerca scientifica. “Malattie come cancro, disturbi metabolici, infezioni, possono modificare i componenti dei Vocs, e portare alla produzione di Vocs specifici – spiega Roberto Gasparri della Divisione di Chirurgia Toracica Ieo, sperimentatore principale dello studio – che possono essere rilevati abbastanza precocemente, come biomarcatori diagnostici. I cani, grazie al loro sistema olfattivo caratterizzato da una soglia di percezione di parti del trilione, hanno già dimostrato, in uno nostro studio del 2016, la loro abilità di percepire Voc specifici del cancro del polmone, annusando le urine“.