Approvato l’emendamento allo sblocca cantieri per l’End of Waste (“EoW”)

Importante novità nell’ambito del procedimento di conversione in legge del c.d. “Decreto Legge Sblocca-cantieri” (DL n. 32/2019), in corso di discussione presso il Parlamento per la conversione in Legge, che interessa anche il tema della cessazione della qualità di rifiuto. Approvato un emendamento che consentirà, una volta convertito in Legge il DL (termine ultimo previsto per 17 Giugno), una modifica della normativa primaria tale da consentire le autorizzazioni “caso per caso”.

End of waste: di cosa si tratta?

Prima di vedere qual è la portata dell’emendamento, rimane opportuno richiamare la nozione di “end of waste”.

Un’operazione di questo tipo è quella che consente di sottrarre una sostanza od oggetto qualificata come rifiuto, alla classificazione come tale, purché ricorrano alcune condizioni, di seguito riportate.

L’esigenza sorge a livello comunitario: per favorire lo sviluppo di una società di riciclaggio la Comunità ha ritenuto necessario evitare la produzione di rifiuti e gestire quelli prodotti come risorse. Tra le misure all’uopo individuate dal Legislatore comunitario, rientra, appunto l’introduzione della nozione di “cessazione della qualità del rifiuto”, per cui una sostanza/oggetto, classificata come tale, assume questa veste quando:

  • viene sottoposto a un’operazione di recupero, incluso il riciclaggio e la preparazione per il riutilizzo (in questo caso si tratta di prodotto o componente di prodotto);
  • soddisfi i criteri specifici, da adottare nel rispetto delle seguenti condizioni, concomitanti (art. 184-ter, TUA).

Le condizioni sopra richiamate, vengono qui elencate:

  1. esiste un mercato o una domanda per il materiale recuperato;
  2. il suo utilizzo non determinerà impatti complessivi negativi sull’ambiente o sulla salute umana;
  3. tale materiale soddisfa i requisiti tecnici per gli scopi specifici e rispetta la normativa e gli standard esistenti applicabili ai prodotti;
  4. tale materiale recuperato viene comunemente utilizzato per scopi specifici.

Nelle more della promulgazione dei DM inerenti l’EOW per singoli flussi di rifiuti:

  • i criteri sono definiti in conformità a quanto stabilito dalla disciplina comunitaria;
  • continuano ad applicarsi le disposizioni vigenti sul punto riguardanti l’ottenimento di materie prime seconde a partire da operazioni di recupero; in altri termini, sottoposto al recupero, il rifiuto cessa di essere tale e diviene una “materia prima seconda” (MPS), sia da un punto di vista merceologico che giuridico.

La genesi del problema

Con una sentenza, la n. 1129 del 28 febbraio il Consiglio di Stato si è espresso sul tema della cessazione della qualifica di rifiuto (“End of Waste”), compromettendo la corretta prosecuzione delle attività di gestione, con particolare riferimento alla possibilità di pregiudicare il recupero e la successiva commercializzazione dei rifiuti, in assenza di una disciplina specifica, dettata, a livello statale, dal Ministero dell’Ambiente.

Con essa il Giudice di appello veniva chiamato a valutare il caso di un’impresa che era già stata autorizzata ad una attività sperimentale per il trattamento ed il recupero dei rifiuti costituiti da pannolini, pannoloni ed assorbenti igienici, per un periodo di due anni, alla quale la Giunta regionale Veneto ha poi respinto la richiesta di qualificare le attività svolte nel proprio impianto industriale, come attività di recupero “R3”, poiché, per tali materiali, la normativa comunitaria al momento non lo prevede.

Il giudice di primo grado (Tar Veneto, sentenza n. 1422 del 2016) aveva accolto il ricorso dell’impresa e conseguentemente annullato il diniego, ritenendo che in mancanza di espresse previsioni comunitarie, l’amministrazione potesse valutare caso per caso.

Al contrario il Consiglio di Stato, riprendendo il contenuto dell’art. 6 della c.d. Direttiva “Quadro” sui rifiuti (la n. 2008/98/CE del 19 novembre 2008), riguardante la “cessazione della qualifica di rifiuto”, stabilisce con la sentenza in oggetto, che:

  • la disciplina della cessazione della qualifica di “rifiuto” è riservata alla normativa comunitaria;
  • quest’ultima ha previsto che sia comunque possibile per gli Stati membri valutare altri casi di possibile cessazione;
  • tale prerogativa tuttavia compete allo Stato e precisamente al Ministero dell’Ambiente, che deve provvedere con propri regolamenti.

Le conseguenze, sul piano pratico per le aziende impegnate nell’attività di trattamento, riguarda l’impossibilità di ottenere un’autorizzazione per il loro svolgimento, qualora non sia prevista (disciplinata sotto il profilo legale)

L’emendamento

Prima di dare un commento su quella che potrebbe essere una significativa portata dell’emendamento, a patto della sua conversione in legge, è utile la lettura dello stesso, con cui viene proposta una modifica della normativa primaria, riportata nel citato art. 184-ter del TUA.

“24. Al fine di perseguire l’efficacia dell’economia circolare, il comma 3, dell’articolo 184-ter del decreto legislativo n. 152 del 2006 è sostituito dal seguente:

“3. Nelle more dell’adozione di uno o più decreti di cui al comma 2, continuano ad applicarsi, quanto alle procedure semplificate per il recupero dei rifiuti, le disposizioni di cui ai decreti del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio in data 5 febbraio 1998, 12 giugno 2002, n. 161, e 17 novembre 2005, n. 269.

Le autorizzazioni di cui agli articoli 208, 209, 211 e di cui al Titolo III bis, parte seconda del presente decreto per il recupero dei rifiuti sono concesse dalle autorità competenti sulla base dei criteri indicati nell’allegato 1, suballegato 1, al decreto ministeriale 5 febbraio 1998; allegato 1, suballegato 1, Dm 12 giugno 2002 n. 161 e allegato 1, Dm 17 novembre 2005, n. 269 per i parametri ivi indicati relativi a tipologia, provenienza e caratteristiche dei rifiuti, attività di recupero e caratteristiche di quanto ottenuto da tale attività.

Tali autorizzazioni individuano le condizioni e le prescrizioni necessarie per garantire l’attuazione dei principi di cui all’art. 178 per quanto riguarda le quantità di rifiuti ammissibili nell’impianto e da sottoporre alle operazioni di recupero.

Con decreto non avente natura regolamentare del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare possono essere emanate linee guida per l’uniforme applicazione della presente disposizione sul territorio nazionale, con particolare riferimento alle verifiche sui rifiuti in ingresso nell’impianto in cui si svolgono tali operazioni e ai controlli da effettuare sugli oggetti e sulle sostanze che ne costituiscono il risultato, e tenendo comunque conto dei valori limite per le sostanze inquinanti e di tutti i possibili effetti negativi sull’ambiente e sulla salute umana.

Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al precedente periodo, i titolari delle autorizzazioni rilasciate successivamente alla data di entrata in vigore della presente disposizione presentano alle autorità competenti apposita istanza di aggiornamento ai criteri generali definiti dalle Linee guida.”.

Il contenuto dell’emendamento

Obiettivo del governo è quello di consentire il rilascio delle autorizzazioni “caso per caso”, da parte delle competenti Autorità regionali

Infatti, se convertito in legge, la nuova normativa primaria consentirà, per i soggetti che ottengono le autorizzazioni (ai sensi degli artt. 208, 209, 211 e quelli del titolo III bis del TUA), a poter realizzare le attività di gestione mediante la stesse, ed in particolare a coloro i quali effettuano l’attività di recupero di specifiche tipologie di rifiuti (ex DM 5 febbraio 1998 per i “non pericolosi”, ex DM n. 161 del 12 giugno 2002 per i “pericolosi”, DM n. 161, e DM n. 269 del 17 novembre 2005, n. 269), rispettando le prescrizioni tecniche presenti negli allegati dei decreti, ma al di sopra dei limiti quantitativi ivi previsti.

Rimane ferma però la facoltà di seguire le procedure semplificate per i quantitativi indicati.

L’aspetto rilevante riguarda proprio l’inesigibilità dell’emanazione di un decreto da emanare a cura del Ministero dell’Ambienta, ed viene ora prevista la possibilità per il Ministro dell’ambiente di adottare linee guida per l’omogenea applicazione sul territorio.

La conversione in legge

Ricordato che il DL deve essere convertito in legge entro 60 gg, in particolare il decreto emendato lo dovrà essere, pena la decadenza, entro il 17 giugno, secondo un iter che prevede una terza lettura presso la Camera dei Deputati, prima di essere pubblicato in Gazzetta Ufficiale.

 

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