Gli occhi puntati su Rilancio e Semplificazioni stanno facendo perdere di vista una mossa pericolosa quanto insidiosa che rischia di spazzare via totalmente un intero comparto industriale: con solo due commi su un totale di 133 milioni di rifiuti speciali, in base alle stime circa 30 milioni di tonnellate di rifiuti speciali, come per magia, si trasformerebbero in rifiuti urbani. Come in molte estati del passato torna caldo il tema assimilazione ed infatti in questi giorni le Commissioni Ambiente di Camera e Senato stanno discutendo gli schemi di recepimento del Pacchetto Economia Circolare approvato nel 2018 dal Parlamento Europeo (Atto 169 sulle direttive 2018/851 e 2018/850 ed i famigerati commi 8 e 9 dell’articolo 1 che riguardano le modifiche agli articoli 183 e 184 del D.Lgs. 152/06). I commi 8 e 9 avrebbero dovuto solo recepire quanto previsto dall’art. 3 della Direttiva 2018/851; introducendo invece elementi nuovi lo schema in discussione stravolge sostanzialmente l’attuale sistema di classificazione dei rifiuti, assimilando i rifiuti speciali e recuperabili in rifiuti urbani, senza limiti di sorta. Se questo accadesse verrebbero meno le finalità della normativa europea e dell’economia circolare, decretando per legge la morte del settore Recupero e Riciclo.
Ciò va evitato ad ogni costo, come precisa Giovanni Giannini (Direttore Generale di Sogliano Ambiente S.p.a.): “Assimilando i rifiuti prodotti dalle aziende ai rifiuti urbani, attualmente gestiti dai Comuni attraverso le municipalizzate, gli schemi normativi in discussione farebbero ricadere nello stesso circuito i rifiuti speciali recuperabili, con la conseguenza che tali rifiuti verrebbero anzitutto sottratti al sistema della tracciabilità, vi sarebbero certamente meno recupero, meno riciclo e più inefficienze. Le aziende del settore verrebbero infatti assoggettate alle regole delle grandi municipalizzate e ciò condurrebbe inesorabilmente alla loro chiusura con la conseguente perdita di migliaia di posti di lavoro. Lo scenario è gravissimo e la proposta è pertanto inaccettabile; mi confronterò al più presto con il Dott. Bonomi (Presidente di Confindustria) affinché possa farsi portavoce delle aziende di settore chiedendo al Governo di intervenire immediatamente rivedendo la proposta”.
Le imprese vedrebbero inoltre maggiorati gli oneri a loro carico per la gestione dei propri rifiuti in quanto il servizio sarebbe soggetto a tariffa e non più alle regole del mercato. Se questo assetto normativo dovesse essere confermato, verrebbe colpito al cuore quel settore industriale che in Italia realizza l’economia circolare, in quanto gli Enti Locali potrebbero liberamente assimilare, senza alcun limite di quantità, gli speciali agli urbani.
Con lo schema di recepimento proposto dal Ministero dell’Ambiente e ripreso nell’atto di governo sottoposto a parere parlamentare, non viene previsto l’inserimento di criteri quantitativi, che vengono cancellati rispetto ad una proposta del Ministero dell’Ambiente rilasciata tre anni fa: così facendo, non solo verrebbero meno i principi comunitari sulla disciplina, ma verrebbero distrutti, in un solo colpo, gli sforzi compiuti dalle imprese del recupero e riciclo che hanno consentito all’Italia di collocarsi tra i primi a livello europeo in tale settore.
Preoccupazione mostrata anche da Flavio Raimondo (Amministratore Delegato della Green-Up): “Una follia normativa che di colpo farebbe sparire un intero comparto industriale composto da decine di migliaia di lavoratori perché non solo metterebbe in ginocchio l’industria italiana dall’alimentare al tessile per lo smaltimento del rifiuto nel senso stretto del termine visto che ovviamente il sistema di raccolta degli speciali è completamente diverso da quello degli urbani, ma anche rispetto alla tanto declamata economia circolare in quanto senza più un sistema impiantistico destinato al recupero della materia e alla creazione della materia prima seconda, la catena del valore non nascerebbe mai. Non capisco se l’intenzione del Governo sia quella di creare disoccupazione, danni ambientali e mettere in ginocchio il sistema industriale del Paese”.