“Economia Circolare in Sicilia: riciclo, legalità e lotta alle ecomafie per lo sviluppo del territorio”, è il titolo di un Convegno organizzato lo scorso mercoledì 12 Aprile da Cobat nella sede della Presidenza della Regione Siciliana a Palazzo d’Orleans. Ma cosa si intende per “Circular Economy” e quali sono i numeri del fenomeno ad oggi sull’isola? Approfondimento sul quadro sulle recenti novità normative di profilo comunitario e principali evidenze emerse dall’incontro, in cui è intervenuto anche il Vicepresidente di Cisambiente per i progetti industriali e i rapporti con Confindustria, dott. Gregory Bongiorno.
Economia circolare vs Economia lineare
Nel gennaio 2012 la Ellen MacArthur Foundation ha pubblicato un rapporto dal titolo “Verso l’economia circolare: motivazioni economiche e di business per una transizione accelerata”.
Nel documento vengono, per la prima volta, considerate le opportunità economiche originate dalla transizione verso un modello circolare, mostrando la capacità di produrre benefici significativi in tutta la Comunità Europea (“UE”), ed in particolare nel settore manifatturiero, stimolando l’attività economica nelle aree di sviluppo del prodotto, di rigenerazione e di rinnovamento.
Inoltre viene offerta una definizione di economia circolare, da intendere come un modello ideato per potersi rigenerare in autonomia; in essa i flussi di materiali sono di due tipi: quelli biologici, in grado di essere reintegrati nella biosfera, e quelli tecnici, destinati ad essere rivalorizzati senza entrare nella biosfera.
Essa rappresenta un sistema in cui tutte le attività, a partire dall’estrazione e dalla produzione, sono organizzate in modo che i rifiuti di qualcuno diventino risorse per qualcun’altro.
Al contrario, nell’economia lineare, terminato il consumo termina anche il ciclo del prodotto che diventa rifiuto, costringendo la catena economica a riprendere continuamente lo stesso schema: estrazione, produzione, consumo, smaltimento.
UE: la transizione verso la Circular Economy
Sulla scorta dei rilevanti vantaggi economici ed ambientali ipotizzati per Cittadini ed Aziende, l’Unione Europea ha avviato, nel Luglio del 2014, un percorso finalizzato all’approvazione del c.d. “Pacchetto sull’economia circolare” (“Circular Economy”).
Oggi siamo in prossimità della sua definitiva approvazione da parte del Consiglio Europeo, ovvero quasi al termine di un iter di conversione, secondo la procedura legislativa comunitaria, articolato come segue:
- Luglio 2014: prima presentazione del Pacchetto sull’economia circolare da parte della Commissione Europea;
- 2 Dicembre 2015: seconda presentazione del Pacchetto sull’economia circolare da parte della Commissione Europea;
- 14 Marzo 2017: approvazione del Pacchetto sull’economia circolare da parte del Parlamento europeo.
Dopo una prima presentazione, avvenuta nel Luglio del 2014, la Commissione Europea ha proposto nuovamente il pacchetto il 2 Dicembre 2015, apportando rilevanti modifiche al progetto originario e proponendo un piano d’azione dell’UE con misure relative all’intero ciclo di vita dei prodotti: dalla progettazione, all’approvvigionamento, alla produzione e al consumo fino alla gestione dei rifiuti e al mercato delle materie prime secondarie.
Il contesto.
Nella proposizione del Pacchetto, la Commissione muoveva i suoi passi da una situazione che, nonostante i rigorosi obbiettivi fissati con la Direttiva Quadro n. 98 del 2008 sotto riportati, e i sensibili miglioramenti originati dalla sua implementazione nei paesi membri a riguardo della gestione dei rifiuti nell’UE, vedeva oltre un quarto dei rifiuti urbani ancora collocato in discarica e meno della metà sottoposto a riciclaggio o compostaggio.
Le principali prescrizioni della Direttiva quadro 98 del 2008. Premesso che, in generale, essa stabilisce un quadro giuridico per il trattamento dei rifiuti nell’UE, studiato in modo da proteggere l’ambiente e la salute umana, sottolineando l’importanza di adeguate tecniche di gestione, riutilizzo e riciclaggio dei rifiuti, volte a ridurre le pressioni sulle risorse e a migliorare il loro uso, queste sono le principali evidenze dell’atto normativo: a) la legislazione stabilisce una gerarchia dei rifiuti: prevenzione, riutilizzo, riciclaggio, recupero per altri scopi, come l’energia e lo smaltimento; b) viene ribadito il principio “chi inquina paga”, per cui il produttore iniziale di rifiuti deve pagare i costi di gestione dei rifiuti;c) viene introdotto il concetto di responsabilità estesa del produttore (tale misura può includere l’accettazione, da parte del produttore, dei prodotti restituiti e dei rifiuti che restano dopo l’utilizzo di tali prodotti); viene distinta la nozione di rifiuto da quella di sottoprodotto; d) la gestione dei rifiuti deve essere effettuata senza creare rischi per l’acqua, l’aria, il suolo, la flora o la fauna, senza causare inconvenienti da rumori o odori, o senza danneggiare il paesaggio o i siti di particolare interesse;e) i produttori o detentori di rifiuti devono trattarli da soli o consegnarli ad un operatore ufficialmente riconosciuto (essi hanno bisogno di un permesso e sono ispezionati periodicamente); f) le autorità nazionali competenti devono elaborare piani di gestione dei rifiuti e programmi di prevenzione dei rifiuti;devono essere applicate condizioni particolari a rifiuti pericolosi, oli usati e rifiuti organici; g) vengono introdotti obiettivi di riciclaggio e di recupero da raggiungere entro il 2020 per i rifiuti domestici (50%) e i rifiuti da costruzione e demolizione (70%);h) infine la normativa non disciplina taluni tipi di rifiuti, quali i rifiuti radioattivi, i materiali esplosivi in disuso, le materie fecali, le acque di scarico e le carcasse di animali.
A ciò occorreva aggiungere, nonostante gli ambiziosi obiettivi fissati dalla Comunità per tutti gli stati membri (su tutti spicca quello della raccolta differenziata dei rifiuti urbani, che doveva essere pari al 65% entro il 2012), le differenze significative ed esistenti tra gli Stati membri nel trattamento dei rifiuti urbani (pari a circa il 10 % del totale dei rifiuti), dei rifiuti di imballaggio (carta e cartone, vetro, plastica, legno e metallo) e di altri flussi di rifiuti.
Le Direttive vigenti.
In ultima istanza, la Commissione ha presentato un nuovo pacchetto di quattro proposte legislative che modificano le sei direttive sui rifiuti attualmente vigenti:
- Direttiva quadro sui rifiuti;
- Direttiva sulle discariche di rifiuti;
- Direttiva sugli imballaggi;
- Direttiva sui veicoli fuori uso;
- Direttiva sulle pile e gli accumulatori;
- Direttiva sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche.
Le Direttive che verranno modificate.
In particolare, verranno operate modifiche sulle seguenti Direttive:
I nuovi target.
Le misure adottate dal Parlamento europeo hanno l’obiettivo di aumentare la quota di rifiuti da riciclare al 70% entro il 2030 rispetto al 44% attuale (le evidenze empiriche mostrano che nel 2004 solamente il 31% di tutti i rifiuti urbani della Comunità Europea veniva riciclato o compostato),
Direttiva rifiuti.
Per quanto riguarda la Direttiva Quadro sui Rifiuti (WFD), le novità principali della relazione del Parlamento[1] rispetto alla proposta originaria della Commissione europea sono le seguenti:
In particolare:
- introduzione di obiettivi più ambiziosi di quelli proposti dalla Commissione europea (in sostanza, si è tornati agli obiettivi proposti dalla Commissione europea nel Pacchetto del 2014 che poi è stato ritirato)[1];
- introduzione di obiettivi separati per il riuso, gli scarti alimentari, i rifiuti solidi in mare (marine litter) e gli oli esausti;
- una definizione di rifiuto urbano che esclude la quantità[2];
Proposta di Direttiva, considerando 5: “Per ottenere benefici ambientali, economici e sociali consistenti e accelerare la transizione verso un’economia circolare, è opportuno innalzare gli obiettivi relativi alla preparazione per il riutilizzo e al riciclaggio dei rifiuti urbani almeno al 60 % entro il 2025 e al 70 % entro il 2030”.
- rafforzamento della gerarchia sui rifiuti;
- definizione di rifiuti industriali e commerciali;
- rafforzamento dei requisiti per la raccolta differenziata;
- obbligatorietà e degli schemi per la Responsabilità Estesa del Produttore e declinazione di specifici criteri;
- criteri più rigorosi per le deroghe per gli Stati Membri.
Le misure adottate dal Parlamento europeo hanno l’obiettivo di aumentare la quota di rifiuti da riciclare al 70% entro il 2030 rispetto al 44% attuale.
Proposta di Direttiva, considerando 5: “È opportuno includere nella direttiva 2008/98/CE la definizione di “rifiuti urbani”, “rifiuti commerciali e industriali”, “rifiuti da costruzione e demolizione”, “gestore della preparazione per il riutilizzo”, “riciclaggio organico”, “processo finale di riciclaggio”, “riempimento”, “cernita”, “piccoli rifiuti” e “rifiuti alimentari” allo scopo di precisare la portata di questi concetti”.
Proposta di Direttiva, Considerando 5 bis (nuovo), emendamento del Parlamento: “Sulla base delle notifiche degli Stati membri e dell’evoluzione della giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea, la Commissione dovrebbe rivedere periodicamente le linee guida sull’interpretazione delle disposizioni chiave della direttiva 2008/98/CE, al fine di migliorare, allineare e armonizzare i concetti di rifiuti e sottoprodotti negli Stati membri”.
Proposta di Direttiva, Considerando 13, emendamento del Parlamento: ““[..]Poiché i rifiuti industriali e commerciali sono disciplinati dalle disposizioni della direttiva 94/62/CE e della direttiva 2008/98/CE, la Commissione dovrebbe esaminare la possibilità di definire, entro il 31 dicembre 2018, obiettivi relativi alla preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio applicabili ai rifiuti commerciali e ai rifiuti industriali non pericolosi, da conseguire entro il 2025 e il 2030”.
Imballaggi e rifiuti da imballaggio.
Entro il 2030, almeno il 70% in peso dei cosiddetti rifiuti urbani (generati dai nuclei famigliari e dalle imprese) dovrà essere riciclato o preparato per il riutilizzo (attraverso controlli, pulizia o riparazione). La Commissione europea ha proposto l’obiettivo del 65%. Per i materiali da imballaggio, come carta, cartone, plastica, vetro, metallo e legno, i Deputati propongono un obiettivo dell’80% per il 2030, con obiettivi intermedi per ogni materiale da raggiungere entro il 2025.
Smaltimento in discarica.
Il progetto di legge limita la quota di rifiuti urbani da smaltire in discarica al 10% entro il 2030. I deputati propongono di ridurre la quota al 5%, anche se con una possibile proroga di cinque anni e a determinate condizioni, per gli Stati Membri che abbiano smaltito in discarica più del 65% dei loro rifiuti urbani nel 2013.
Rifiuti alimentari.
I rifiuti alimentari nell’UE sono stimati a circa 89 milioni di tonnellate, pari a 180 kg pro-capite all’anno. I deputati chiedono un obiettivo europeo di riduzione dei rifiuti alimentari del 30% entro il 2025 e del 50% entro il 2030, rispetto al 2014. I deputati hanno anche proposto un obiettivo simile per i rifiuti solidi in mare.
Inoltre, entro il 2020, gli Stati membri dell’UE dovrebbero essere in grado di riciclare o compostare più del 50% dei rifiuti.
Proposta di Direttiva, Considerando 12, emendamento del Parlamento: “È necessario che gli Stati membri prendano misure volte a promuovere la prevenzione e la riduzione dei rifiuti alimentari in linea con l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 25 settembre 2015, in particolare con l’obiettivo di ridurre i rifiuti alimentari del 50 % entro il 2030. Tali misure dovrebbero essere intese a prevenire e a ridurre la generazione complessiva di rifiuti alimentari nonché ridurre le perdite alimentari lungo l’intera catena di approvvigionamento, fra cui la produzione primaria, il trasporto e la conservazione. Tenuto conto dei benefici che la prevenzione dei rifiuti alimentari apporta sul piano ambientale, sociale e economico, gli Stati membri dovrebbero adottare provvedimenti appositi, tra cui campagne di sensibilizzazione volte a dimostrare come prevenire gli sprechi alimentari nel quadro dei propri programmi di prevenzione dei rifiuti. Attraverso tali misure gli Stati membri dovrebbero mirare a conseguire l’obiettivo di riduzione dei rifiuti alimentari del 30 % entro il 2025 e del 50 % entro il 2030 in tutta l’Unione. Gli Stati membri dovrebbero altresì misurare i progressi compiuti nella riduzione dei rifiuti e delle perdite alimentari. Per misurare tali progressi e agevolare lo scambio di buone prassi nell’Unione, sia tra gli Stati membri sia tra gli operatori del settore alimentare, è opportuno stabilire una metodologia comune per la suddetta misurazione. La comunicazione del livello di rifiuti alimentari dovrebbe essere effettuata su base annuale.”
Le quattro risoluzioni approvate oggi rappresentano la posizione del Parlamento in vista dei negoziati con il Consiglio dei ministri UE, che deve ancora adottare la propria posizione.
L’Europarlamento ricorda che “nel 2014, Austria, Belgio, Danimarca, Germania, Paesi Bassi e Svezia hanno inviato praticamente nessun rifiuto urbano alle discariche, mentre Cipro, Croazia, Grecia, Lettonia e Malta ancora smaltiscono in discarica più di tre quarti dei propri rifiuti urbani. Sebbene la gestione dei rifiuti nell’UE sia notevolmente migliorata negli ultimi decenni, quasi un terzo dei rifiuti urbani viene smaltito in discarica e meno della metà viene riciclato o compostato; con ampie variazioni tra gli Stati membri. Migliorare la gestione dei rifiuti potrebbe fornire benefici per l’ambiente, il clima, la salute umana e l’economia. Come parte di un cambiamento nella politica dell’UE verso un’economia circolare, la Commissione europea ha fatto quattro proposte legislative che introducono nuovi obiettivi nella gestione dei rifiuti per quanto riguarda il riutilizzo, il riciclaggio e lo smaltimento in discarica. Le proposte rafforzano inoltre le disposizioni UE sulla prevenzione dei rifiuti e sull’estesa responsabilità del produttore, semplificando le definizioni, gli obblighi di comunicazione e i metodi di calcolo per gli obiettivi”.
Le principali evidenze del Convegno.
I dati sull’economia circolare nella Regione Sicilia
Nella Regione Sicilia il volume dei rifiuti tecnologici – pile, batterie, smartphone, pc, elettrodomestici, moduli fotovoltaici e molte altre apparecchiature elettriche ed elettroniche – trasformati da Cobat in nuove materie prime da reimmettere nel ciclo produttivo dell’economia nel corso del 2016 ammontano infatti a quasi 13 milioni di chili, pari a 96 aerei di tipo Boeing 777 messi uno sopra l’altro.
Cobat: breve presentazione. Cobat è un consorzio di diritto privato, senza scopo di lucro, in linea con le disposizioni di legge. Dal 1988, anno della sua istituzione, ha saputo affermarsi come protagonista della Green Economy Italiana contribuendo alla tutela dell’ambiente e della salute dei cittadini. E’ un sistema multifiliera che offre servizi integrati e personalizzati garantendo i migliori standard di efficacia ed efficienza per la raccolta, il trattamento e il riciclo di:pile e accumulatori esausti; rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE), inclusi i moduli fotovoltaici giunti a fine vita. Inoltre provvede alla gestione indiretta degli pneumatici fuori uso.
Cobat è presente in Sicilia con una raccolta capillare a chilometro zero. Sono infatti 5 i Punti Cobat – aziende autorizzate alla raccolta e allo stoccaggio distribuite in maniera omogenea sul territorio – che hanno servito le isole ecologiche e le imprese di piccoli e grandi comuni, dal mare alla montagna, avviando al riciclo i rifiuti nei 2 impianti di trattamento siciliani.
Gli interventi.
Diverse le personalità intervenute al Convegno promosso da Cobat, nella sede della Presidenza della Regione Siciliana a Palazzo d’Orleans di Palermo.
Dopo l’apertura dei lavori e il saluto del Presidente della Regione Siciliana, Rosario Crocetta, è intervenuta l’Assessore Regionale all’Energia e ai Servizi di Pubblica Utilità, con delega ai rifiuti, Vania Contrafatto, ricordando la proposta di capitolati di gara standard e regole precise e definite per tutti ed evidenziando come l’Autorità Nazionale Anticorruzione (“ANAC”) solo fino a qualche mese fa, in merito alla gestione dei rifiuti del passato in Sicilia, rilevava una fase di transizione “infinita” (“un tempo di mezzo segnato da una serie di logiche clientelari e condizioni di oligopolio”), mentre ora riconosce alle istituzioni regionali che l’attività svolta converge nella “giusta direzione”.
“Oltre ai casi di illegalità che vengono accertati da forze dell’ordine e magistratura – aggiunge Gregory Bongiorno, vicepresidente di Cisambiente – c’è anche qualche nota positiva. Proprio in questi ultimi mesi in Sicilia, se parliamo di rifiuti urbani, grazie anche all’intervento dell’Ufficio Speciale per la Raccolta Differenziata di recente costituzione, si sta facendo tantissimo. Ormai moltissimi comuni hanno attivato i servizi di raccolta differenziata porta a porta raggiungendo in poco tempo percentuali di raccolta differenziata eccezionali”.
Ha chiuso il convegno Claudio De Persio, direttore operativo di Cobat, che ha illustrato i risultati raggiunti in Sicilia, le pratiche illegali che persistono e i vantaggi della legalità nel ciclo dei rifiuti.
[1] Tuttavia, mentre sull’obiettivo 2030 sui rifiuti urbani la proposta della Commissione Ambiente è passata con ampia maggioranza (596 voti a favore), sugli obiettivi 2025 della Direttiva Imballaggi (emendamenti 50, 51) la differenza tra i voti a favore e quelli contrari è di circa 60 voti, mentre su quelli al 2030 la maggioranza è stata ampia (623, 621) a favore di quanto proposto dalla Commissione Ambiente.
[2] L’emendamento ripresentato dal PPE in plenaria, che reintroduceva il criterio della quantità, è stato respinto con 354 voti contro e 334 a favore, quindi 20 voti di scarto.
[1] Si ricorda che la relazione sulla Direttiva Quadro Rifiuti è stata approvata con 576 voti a favore. La relatrice, Simona Bonafè, ha ottenuto il mandato per di iniziare il negoziato inter-istituzionale su tutto il Pacchetto. Per quanto riguarda la relazione sulla Direttiva Imballaggi, è stato respinto con 10 voti di scarto (343 no, 333 sì) l’emendamento 85 riguardante la possibilità per gli Stati Membri di introdurre obiettivi nazionali o restrizioni di commercializzazione. Le quattro relazioni adottate dal Parlamento UE, costituiranno la base per il negoziato in trilogo con la Commissione EU e il Consiglio, che inizierà quando il Consiglio avrà raggiunto un accordo di massima, a quanto pare imminente.