Il fenomeno del traffico transfrontaliero dei rifiuti

Con una Relazione del 18 Febbraio 2018, la Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo di rifiuti (c.d. “Ecomafie”), ha documentato il fenomeno dei reati nel traffico transfrontaliero di rifiuti, ed ha provveduto a verificare verificato la concreta applicazione del D.Lgs. n. 231/2001. Focus sulle relazione, sui modelli organizzativi e gestionali “231”, e sulle principali evidenze dell’indagine.

Le relazione della Commissione

Ad inizio febbraio 2018, la Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo di rifiuti (c.d. “Ecomafie”), ha approvato all’unanimità quattro relazioni frutto di un lavoro di inchiesta svolto nei mesi precedenti. Con le prime tre, sono stati indagati i seguenti aspetti:

  • l’inquinamento da sostanze perfluoroalchiliniche (PFAS) in alcune aree della regione Veneto;
  • la gestione dei rifiuti radioattivi originati dallo svolgimento delle attività sanitarie;
  • l’applicazione e la riscossione della Tassa sui Rifiuti.

Inoltre è stata resa pubblica la relazione riguardante gli aspetti critici e fenomeni illeciti nel traffico transfrontaliero dei rifiuti, con cui ha provveduto a verificare, tra le altre cose, la concreta applicazione di alcune prescrizioni del D.Lgs. n. 231/2001, in riferimento al reato presupposto di traffico illecito dei rifiuti.

Che cos’è il Modello Organizzativo e Gestionale 231 (“MOG 231”).

Il modello di organizzazione e gestione (o “modello ex D.Lgs. n. 231/2001”) è un modello organizzativo adottato da persona giuridica, o associazione priva di personalità giuridica, volto a prevenire la responsabilità penale degli enti.

Il regime di responsabilità “da reato” è un regime introdotto dal D. Lgs. n. 231/2001 (c.d. “responsabilità amministrativa 231”), derivante dalla commissione o tentata commissione di determinate fattispecie di reato nell’interesse o a vantaggio degli enti stessi.

La responsabilità ex D. Lgs. n. 231 si affianca alla responsabilità penale della persona fisica che ha commesso il reato.

L’introduzione di questo autonomo tipo di responsabilità consente di colpire direttamente il patrimonio degli Enti che abbiano tratto un vantaggio dalla commissione di determinati reati[1]da parte delle persone fisiche autori materiali dell’illecito penalmente rilevante – che “impersonano” la società o che operano, comunque, nell’interesse di quest’ultimo.

I soggetti interessati dal regime di responsabilità 231.

Il Decreto Legislativo n. 231 ha introdotto nell’ordinamento italiano un regime di responsabilità in sede penale a carico degli enti per alcuni reati commessi da posizioni apicali o da soggetti sottoposti (a vantaggio o nell’interesse dell’Ente), con riferimento a due categorie di soggetti:

  • apicali (quelli con potere di amministrazione, gestione e direzione dell’ente, come gli Amministratori, i direttori generali, ecc…);
  • subordinati (quelli sottoposti alla direzione e al controllo da parte dei precedenti, ovvero dei soggetti apicali, come i dipendenti dell’ente).

In particolare i criteri di imputazione dei reati sono due:

  • soggettivo (quando l’Ente è tenuto a rispondere allorquando il fatto di reato sia stato commesso da parte di un soggetto funzionalmente legato all’Ente e nell’interesse o a vantaggio dell’Ente medesimo, ovvero un risultato favorevole; gli autori del reato possono essere sia i soggetti in posizione apicale o i soggetti sottoposti);
  • oggettivo (quando non sono stati adottati o non sono stati efficacemente attuati standard di gestione e di controllo adeguati al settore di operatività dell’ente).

Le tipologie di “reato presupposto”

Diverse possono essere le categorie di reato previste dagli articoli del D.Lgs. n. 231/2001, fra le quali è possibile ricordare:

  • in danno della Pubblica Amministrazione e nei rapporti con la Pubblica Amministrazione (es.: corruzione per un atto d’ufficio o contrario ai doveri d’ufficio; Corruzione in atti giudiziari; ecc…);
  • Abusi di mercato (es.: Abuso di informazioni privilegiate, Manipolazione del mercato);
  • Reati societari (es.: False comunicazioni sociali, False comunicazioni sociali in danno della società, dei soci o dei creditori, Falsità nelle relazioni e nelle comunicazioni delle società di revisione, Impedito controllo).

Fra queste rientra anche il reato di abbandono e deposito incontrollato di rifiuti sul suolo e nel suolo

Nella costruzione dei modelli organizzativi e gestionali “231”, la valutazione dei rischi è prodromica all’elaborazione di apposite procedure / protocolli di condotta aziendali per regolamentare le attività (secondo i principi di efficacia ed efficienza), ovvero evitare la commissione dei reati in oggetto (previsti dal Decreto), salvo la commissione degli stessi in maniera fraudolenta (es.: la salvaguardia di dati e procedure in ambito informatico può essere assicurata mediante, ad esempio, l’adozione delle misure di sicurezza già previste dal D. Lgs n. 196/2003 (Codice in materia di protezione dei dati personali) per tutti i trattamenti di dati effettuati con strumenti elettronici).

Le evidenze della relazione

Con la relazione pubblicata il 14 Febbraio 2018, la Commissione “Ecomafie” ha provveduto a verificare la concreta applicazione del D.Lgs. n. 231/2001, mediante una rilevazione concernente l’attività degli uffici doganali. Essa ha realizzato un focus sulle notizie di reato trasmesse alle competenti procure della Repubblica, per violazione dell’art. 259 del D.Lgs. n. 152/2006 (recante traffico illecito dei rifiuti), che, ai sensi dell’art. 25-undecies del suddetto Decreto, costituisce presupposto per l’applicazione della responsabilità amministrativa da reato. In qualità di “reato presupposto” ai sensi del predetto Decreto, esso implica una responsabilità amministrativa delle persone giuridiche. La commissione rileva che le segnalazioni delle Dogane vengono iscritte a ruolo per una quota estremamente bassa, corrispondente al 10%.

Sul traffico transfrontaliero di rifiuti la Commissione ha svolto un’ampia attività di indagine, anche con missioni all’estero, concentrando, tra l’altro, l’attenzione sui terminali di questi flussi.

Con la relazione viene osservato che, quello in oggetto, è un fenomeno aventi dimensioni e caratteristiche rilevanti, e dà luogo ad una vera e propria forma di “dumping ambientale” realizzato da soggetti stranieri, finalizzato all’elusione legislazione vigente sui rifiuti.

Infatti il trasferimento all’estero di questi rifiuti termina quasi sempre con trattamenti inquinanti o con abbandoni incontrollati, con impatti ambientali estremamente negativi, e, così facendo, viene sottratta materia che sarebbe recuperabile dalle industrie italiane, in un’ottica virtuosa di economia circolare. Si è evidenziata la necessita di un più ampio impiego di sistemi di intelligence per il contrasto dei fenomeni illegali, con il rafforzamento di reti di laboratori accreditati. Questo garantirebbe, tra l’altro, una piena competitività del nostro sistema economico. La Commissione, infine, rileva che si rende necessaria una collaborazione internazionale, particolarmente a livello europeo, delle nostre autorità giudiziarie nazionali ed Eurojust.

[1] Le fattispecie di reato che – in base al Decreto Legislativo n. 231/2001 e sue integrazioni – possono configurare la responsabilità amministrativa della società sono soltanto quelle espressamente elencate dal Legislatore, in tempi successivi e in via di ulteriore implementazione

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