Lo scorso 1 Agosto la 13ª Commissione permanente (Territorio, ambiente, beni ambientali) del Senato della Repubblica (“Ambiente”), con una risoluzione, ha approvato la comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle Regioni recante “Il ruolo della termovalorizzazione nell’economia circolare” (COM (2017) 34 definitivo), da questa presentato il 7 febbraio 2017. Con tale comunicazione, la Commissione UE offre importanti chiarimenti circa la termovalorizzazione nell’ambito della gerarchia dei rifiuti, mentre nella risoluzione la Commissione Ambiente puntualizza la posizione italiana sull’incenerimento.
1. Il contenuto della risoluzione della Commissione
Con una risoluzione approvata nell’ambito del piano d’azione dell’UE per l’economia circolare (adottato il 2 dicembre 2015, e contenente un’agenda per la transizione che prevede l’adozione di un modello di crescita più attento alla sostenibilità ambientale, in linea anche con gli impegni assunti dall’UE nell’ambito dell’agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile), la comunicazione della Commissione, a sua volta approvata, mediante risoluzione, dalla 13ª Commissione “Ambiente” lo scorso 1 Agosto 2017, offre importanti chiarimenti circa la termovalorizzazione nell’ambito della gerarchia dei rifiuti, di seguito analizzati. In particolare Essa:
- chiarisce la posizione dei differenti processi di termovalorizzazione all’interno della gerarchia dei rifiuti e le relative conseguenze in termini di sostegno finanziario pubblico (sezione 2);
- intende fornire agli Stati membri orientamenti per migliorare l’utilizzo degli strumenti economici e la pianificazione delle capacità, nell’ottica di evitare o ovviare a potenziali sovraccapacità di incenerimento dei rifiuti (sezione 3);
- individua le tecnologie e i processi che attualmente hanno le maggiori potenzialità in termini di ottimizzazione della produzione di energia e materiali, tenendo conto dei cambiamenti attesi nelle materie prime per i processi di termovalorizzazione (sezione 4).
2. La gerarchia dei rifiuti
Con la comunicazione in oggetto la Commissione, tra le altre cose, intende chiarire la posizione dei differenti processi di termovalorizzazione all’interno della gerarchia dei rifiuti e le relative conseguenze in termini di sostegno finanziario pubblico.
Ricordato che, con l’articolo 4 della Direttiva quadro sui rifiuti, la 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, la gerarchia dei rifiuti viene considerata come il pilastro portante della politica e della normativa dell’UE in materia di rifiuti, e rappresenta il fattore chiave per la transizione verso l’economia circolare, la comunicazione prende in considerazione i principali processi di termovalorizzazione, fra i quali vengono menzionati:
- il co-incenerimento dei rifiuti in impianti di combustione soprattutto per la produzione di cemento e calce;
- l’incenerimento di rifiuti in impianti dedicati;
- la digestione anaerobica di rifiuti biodegradabili;
- la produzione di combustibili solidi, liquidi o gassosi ricavati dai rifiuti;
- altri processi, compreso l’incenerimento indiretto a seguito di pirolisi o massificazione.
La Commissione rileva che i processi sopra richiamati si differenziano per tre aspetti:
- risultato finale;
- impatto ambientale conseguente al processo scelto;
- tipologia di rifiuto utilizzato,
La collocazione nella “gerarchia” dei rifiuti appare ben differente per ciascuno di questi processi: in tale termine vengono, infatti, comprese operazioni di trattamento che vanno dallo smaltimento, al recupero di materia, al vero e proprio riciclaggio.
Ma cosa si intende per gerarchia dei rifiuti?
2.1. Definizione
Con l’art. 179 del D.Lgs. n. 152 del 29 Aprile 2006 (c.d. “Testo Unico Ambientale”), il Legislatore, recependo il contenuto della Direttiva Quadro sui rifiuti (Direttiva 2008/98/Ce), introduce una gerarchia delle azioni inerenti le singole fasi della gestione dei rifiuti (c.1), ovvero una serie di principi di gestione, cronologicamente ordinati, secondo i quali ciascun attore lungo la filiera deve gestire il rifiuto, al fine di realizzare la cosiddetta “società del riciclo “, prescritta dal Legislatore comunitario.
La nuova gerarchia (la c.d. “migliore opzione ambientale”, c.2), si compone delle seguenti fasi:
Dopo aver ricordato la differenza tra “gestione” e “gerarchia” del rifiuto, intendendo con il termine:
- Gestione” del rifiuto, l’attività di raccolta, trasporto, recupero e smaltimento dei rifiuti (compreso il controllo di queste operazioni), nonché il controllo delle discariche dopo la chiusura;
- “Gerarchia” dei rifiuti”, la sequenza delle azioni che gli attori della gestione (es.: produttore, trasportatore, intermediario, ecc… ) devono porre in essere per realizzare la cosiddetta “società del riciclo”,
descriviamo le singole fasi della suddetta gerarchia.
2.1.1. Prevenzione
Costituisce la prima attività che ciascun attore deve porre in essere, e consiste in quella di prevenzione[1] della produzione del rifiuto (in quantità e pericolosità).
Novità revisione Direttiva quadro sui rifiuti: «gestore per la preparazione per il riutilizzo»: l’impresa che tratta rifiuti e opera nella catena di lavorazione della preparazione per il riutilizzo in conformità alle norme applicabili.
2.1.2. Preparazione per il riutilizzo
- viene rappresentata da una o più fasi tra quelle di controllo, pulizia, smontaggio e riparazione sul “prodotto o componente del prodotto”, affinché siano reimpiegabili come prodotti o loro componenti per lo scopo e la funzione originari per il quale sono stati creati;
- appartiene alle attività di “recupero” e restituisce, una volta realizzata, un “prodotto riutilizzato” al ciclo economico;
- rientra nella tipologia di operazioni di tipo “end of waste”, ovvero mediante la quale viene sottratto il prodotto al suo destino di rifiuto.
- Consiste in una qualsiasi operazione di recupero attraverso cui i rifiuti sono trattati per ottenere prodotti, materiali o sostanze da utilizzare per la loro funzione originari o per altri fini.
Si ricorda che, con la prossima revisione della Direttiva quadro sui rifiuti, viene introdotto da essa il termine “rifabbricazione”, con il quale si indica il processo che consiste nel far ridiventare nuovo un prodotto, attraverso il riutilizzo, il ricondizionamento, e la sostituzione dei componenti
2.1.3. Riciclaggio
Essa viene applicata al rifiuto oramai divenuto tale qualora, appunto non sia possibile attuare la preparazione per il riutilizzo sopra illustrata; in tal caso si prescrive venga posta in essere un attività di “riciclaggio”, ovvero una forma di recupero come materia di quanto divenuto rifiuto (comprende il trattamento di materiale organico ma esclude le altre forme di recupero, vedi quello come energia e il ritrattamento per ottenere materiali da utilizzare quali combustibili o in operazioni di riempimento).
2.1.4. Recupero di altro tipo
Qualora non sia possibile farlo come materia, devono recuperare il rifiuto in modo alternativo (compreso quello come energia).
2.1.5. Smaltimento
Infine, qualora sia impossibile recuperare in qualsiasi modo il rifiuto sotto il profilo tecnico ed economico, esso deve essere smaltito.
Si ricorda che, in base all’art. 182, c.1, del TUA essa rappresenta “la fase residuale della gestione dei rifiuti, previa verifica, da parte della competente autorità, della impossibilità tecnica ed economica di esperire le operazioni di recupero”, e deve essere “effettuato in condizioni di sicurezza”.
3. La consistenza del fenomeno
3.1. La termovalorizzazione nella Comunità Europea
Secondo le più recenti indagini condotte dall’Agenzia europea dell’ambiente, si rileva che, tra il 2010 e il 2014, la capacità di incenerimento nei 28 paesi dell’UE (più Svizzera e Norvegia) ha segnato una crescita del 6 per cento, arrivando così a 81 milioni di tonnellate di rifiuto incenerite.
In particolare, in taluni casi, i flussi di rifiuti impiegati per l’incenerimento di rifiuti urbani e combustibile da rifiuti tra alcuni Stati membri hanno continuato a essere significativi, con, nel 2013, il trasporto di quasi 2,5 milioni di tonnellate di rifiuti a fini di recupero di energia.
La capacità di incenerimento per i rifiuti urbani risulta distribuita in modo non uniforme nel Comunità europea: infatti essa viene localizzata per tre quarti in Germania, Francia, Paesi Bassi, Svezia, Italia e Regno Unito.
In particolare, Svezia e Danimarca detengono le maggiori capacità di incenerimento pro capite, rispettivamente, seguite da Paesi Bassi, da Austria, Finlandia e Belgio.
Per contro, le zone meridionali e orientali dell’Unione europea sono praticamente prive di capacità di incenerimento dedicate e dipendono fortemente dalle discariche. I dati sono in linea con le statistiche di Eurostat sui tassi di incenerimento dei rifiuti urbani, che rivelano l’esistenza di grandi differenze tra gli Stati membri.
3.2. La termovalorizzazione in Italia
Per quanto riguarda l’Italia, la capacità pro-capite nazionale di incenerimento risulta fra le più basse tra i predetti Stati Membri: la media pro-capite è pari a 104 kg/ab anno, contro i 243 della Germania, i 220 della Francia, i 452 dei Paesi Bassi, ed i 591 della Svezia.
Il rifiuto processato consiste prevalentemente in industriale e ospedaliero e solo parzialmente origina da aree urbane; in parallelo si rileva, inoltre, una generale carenza impiantistica, che interessa anche gli impianti per il riciclo dei rifiuti, focalizzata in alcune aree geografiche del Paese, con particolare riferimento a quelle meridionali.
4. Termovalorizzazione: le problematiche aperte per la salute dell’uomo
Come fase della gerarchia dei rifiuti, quella di termovalorizzazione pone rilevanti problematiche per la salute del genere umano.
Infatti noti sono i risultati degli studi che pongono in luce le patologie respiratorie causate dal particolato fine ed ultra fine risultato dal processo di combustione dei rifiuti, che genera processi infiammatori ed un aumentato rischio di cancerogenicità.
La Commissione stima le premorienze per inquinamento ambientale in:
- oltre 450.000 casi in Europa;
- 000 sono i casi di premorienze per inquinamento atmosferico da diverse fonti originato nel nostro Paese.
Le esperienze registrate in alcuni Stati membri dimostrano, infatti, il rischio di attivi non recuperabili conseguenti a scelte non corrette e non mirate alla crescita della materia prima seconda nel mercato del riciclo. Ciò implica, ad esempio, la necessità di importare materia prima che grava sulla bilancia dei pagamenti europea e in particolare modo ciò avviene in Italia, essendo il nostro il il secondo Paese manifatturiero d’Europa, e limitando la componente industriale, in relazione ad una potenzialità troppo variabile o assoggettata a prezzi e quantità non compatibili con la produzione e le relative commesse avute.
La stabilità del mercato della materia prima seconda è infatti un obiettivo indispensabile per il buon funzionamento di tutto il processo, dalla lavorazione per il rientro della end of waste nel mercato delle materie prime alla capacità di offrirne quantità adeguate e sufficienti utili ad evitare approvvigionamenti tardivi e costosi.
5. Quali le possibili alternative all’incenerimento?
La Commissione, nella comunicazione in oggetto, puntualizza che gli Stati membri con capacità di incenerimento dedicate esigue o nulle e fortemente dipendenti dalle discariche dovrebbero puntare, in modo significativo, su “un ulteriore sviluppo dei regimi di raccolta differenziata e delle infrastrutture di riciclaggio, conformemente alla normativa dell’Unione europea, posto che la graduale riduzione dei conferimenti di rifiuti nelle discariche dovrebbe andare di pari passo con la creazione di maggiori capacità di riciclaggio”.
Una particolare attenzione dovrebbe essere dedicata alla riduzione del conferimento in discarica di rifiuti biodegradabili, che appare urgente, alla luce della pesante prospettiva climatica e la situazione di grave siccità esistente nonché in conseguenza degli obblighi internazionalmente assunti.
Con la Comunicazione, la Commissione ribadisce di non essere favorevole all’incenerimento.
Infatti si invitano esplicitamente i Paesi membri ad adottare una prospettiva di lungo termine, in cui venga attentamente considerato l’impatto positivo legato al pieno raggiungimento degli obiettivi di raccolta differenziata esistenti e proposti ad Essi dalla Legislazione comunitaria sul punto; in tale contesto la disponibilità di capacità di co-incenerimento in impianti di combustione e in forni per calce e cemento o in altri processi industriali idonei, nonché negli impianti di termovalorizzazione nazionali dovrà costituire solamente una parte residuale della gestione dei rifiuti, tenendo in considerazione anche la presenza di capacità di sovrafunzionamento di impianti di termovalorizzazione esistenti in paesi limitrofi[2].
6. La risoluzione della 13ª Commissione permanente del Senato
A margine della risoluzione con cui, lo scorso 1 Agosto la 13ª Commissione permanente (Territorio, ambiente, beni ambientali) del Senato della Repubblica ha approvato la Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle Regioni in oggetto, la 13ª Commissione permanente (Territorio, ambiente, beni ambientali) del Senato della Repubblica osservata quanto segue:
- “la posizione della Commissione europea focalizza la necessità di raggiungere per ciascun Stato membro il giusto equilibrio nella capacità di termovalorizzazione. Osserviamo che, coerentemente con quanto citato in premessa e comune conosciuto, risulti necessario puntare ad avere, relativamente alla parte residuale e non recuperabile del cosiddetto rifiuto, un sistema di termovalorizzazione che quantomeno recuperi energia, in quantità non marginali e preferibilmente utilizzate per il teleriscaldamento. Le tecnologie presenti sul mercato indicano infatti valori di valorizzazione energetica assai diversi in termini percentuali, si va dall’8 per cento al 30 per cento e dunque una gerarchia della termovalorizzazione dovrebbe portare a favorire solo ed esclusivamente chi raggiunge determinate performance sia energetiche sia di riduzione delle emissioni nocive;
- il ruolo dell’incenerimento di rifiuti va riconsiderato, sia in termini di incentivi ancora presenti nel nostro Paese, sia in termini di limite temporale al loro utilizzo impiantistico in assenza di revamping;
- nell’ambito della pianificazione della capacità di riciclo e smaltimento, si tenga conto della fase di transizione verso l’economia circolare, in particolare in quelle aree del Paese dove lo smaltimento dei rifiuti avviene in discarica o a mezzo di trasferimento in altre zone, oggi non chiudendo il ciclo e dovendo quindi individuare tecnologie e processi di recupero ad alta efficienza per mettersi in linea con le migliori performance EU;
- pare ovvio dichiararlo, ma è bene invece sottolinearlo, come la termovalorizzazione debba gestire il trattamento di rifiuti ritenuti – ad oggi, stante le attuali conoscenze – non riciclabili o il cui processo di avvio al riciclo risulti eccessivamente dispendioso;
- essa si giustifica solo provvisoriamente impegnando il Paese e l’Unione europea a raggiungere, grazie ad un adeguato processo legislativo e grazie a R&S il completo riciclo e riuso di ogni prodotto in commercio ovvero si raggiunga il perfetto ciclo previsto da un economia circolare cui stiamo tendendo. Vanno in ogni modo evitate potenziali perdite economiche che aggravino la situazione dello smaltimento in discarica ritenuto il peggiore tra tutti i modelli di smaltimento esistenti in Paesi come l’Italia. Risulta altresì preferibile evitare di creare una comoda, conservativa posizione mentale che vede l’automatismo dello “scarto inceneribile” quale soluzione al problema rifiuti, inserendo così vere e proprie barriere infrastrutturali al conseguimento di più elevati tassi di riciclaggio;
- l’atto vuole evidenziare il ruolo che i processi di termovalorizzazione possono svolgere nella transizione verso un’economia circolare, rafforzando la leadershipeuropea nel settore delle tecnologie verdi. Concordiamo alla condizione, che ci pare ovvia e naturale, che la termovalorizzazione possa massimizzare il contributo dell’economia circolare alla decarbonizzazione solo se si occuperà di smaltire a valle la quota di scarto dei processi industriali nonché nei processi di riciclo e se servirà a smaltire le parti ancora presenti nei prodotti di consumo che non trovano economie di scala adeguate e ragionevoli nelle opportunità di riciclo offerte, ciò in piena e coerente conformità alla strategia dell’Unione dell’energia e all’accordo di Parigi. In tal senso, gli studi promossi anche in sede europea, evidenziano che il contributo maggiore al risparmio energetico e alla riduzione delle emissioni di gas serra proviene dalla prevenzione e dal riciclaggio dei rifiuti e a questo si deve ordinariamente puntare;
- si ritiene urgente ridefinire e quindi riesaminare i piani di gestione dei rifiuti, ai sensi della normativa UE, tenendo conto in particolare del potenziale delle tecnologie nuove ed emergenti per il riciclaggio dei rifiuti. In tal senso produzioni già attuate e non più sperimentali, che riusano ad esempio il materiale di scarto delle cartiere ammontante a circa il 7- 8 per cento del materiale lavorato, sono già presenti in Italia e possono risultare un utile esempio anche per la stessa UE oltreché per favorire R&S in questo straordinario settore in evoluzione in Italia;
- con questo atto si procede proficuamente nell’ambito delle osservazioni presenti nella stessa direttiva a creare una scala di valori interni ai sistemi di smaltimento e di termovalorizzazione, avendo cura di considerare con maggior favore i meno impattanti, in particolare la digestione anaerobica di rifiuti biodegradabili. Nell’ambito industriale, che ci vede primi in EU nel riciclo e nella riduzione degli scarti, si garantisca una corretta catalogazione che veda coerenza con la gerarchia EU e dunque una premialità non indistinta associata ad un progressivo e celere adeguamento alle migliori tecniche disponibili (BAT) degli impianti maggiormente impattanti per carenze ambientali ed energetiche nell’ambito dell’incenerimento rifiuti. Urge adeguare la classificazione dei rifiuti speciali, in particolare l’end of waste, dove sono amplissime le possibilità di riclassificare materiali che, per loro natura, stanno nella categoria dei riciclabili non nello scarto e nel rifiuto. Significativo in tal senso il valore di oltre 70 milioni di tonnellate di rifiuti da demolizione che in larga parte potrebbero rientrare nella filiera del riciclo dei materiali edili e da demolizione. Alte le sollecitazioni – anche da parte delle stesse imprese – ad individuare percorsi di semplificazione autorizzativa e normativa per poter accedere alle migliori tecnologie BAT anche internamente ai cicli energetici e di scarto aziendali, il pacchetto clean Energy packaging nonché veder celermente migliorare il Carbon Food Print nella progettazione dei prodotti in commercio”.
[1] La prevenzione dei rifiuti costituisce il principio guida della gestione dei rifiuti, e, sotto un profilo operativo, il Legislatore, per la prima volta, l’ha definita, con il D.Lgs. 205/10, come “le misure adottate prima che una sostanza, un materiale o un prodotto diventi rifiuto che riducono: 1) la quantità dei rifiuti, anche attraverso il riutilizzo dei prodotti o l’estensione del loro ciclo di vita; 2) gli impatti negativi dei rifiuti prodotti sull’ambiente e la salute umana; 3) il contenuto di sostanze pericolose in materiali e prodotti.” (Art. 183, TUA, lettera i)). L’intento è quello di, non solo eliminare l’impatto che un rifiuto può avere sull’ambiente e sull’uomo, ma anche di eliminare alla fonte del problema: prevenire la stessa produzione del rifiuto.
[2] Nello specifico, la Comunicazione focalizza la necessità di sviluppare l’attenzione su processi di gestione “finali” quanto più efficienti possibile; ad esempio la digestione anaerobica dei rifiuti biodegradabili, che l’Istituto Superiore per la Ricerca e per la protezione Ambientale (Ispra) invita a considerare come parte delle politiche di riciclo invece che di smaltimento laddove produca digestato. Dunque modello preferibile nella scala di priorità individuate dalla EU. Si segnala che un’apposita sezione della Comunicazione viene dedicata all’ applicazione delle tecniche di termovalorizzazione a più alta efficienza energetica, atteso che, in caso di corretta applicazione di tecniche di comprovata efficacia e delle misure di sostegno, si stima che la quantità di energia recuperata dai rifiuti potrebbe aumentare fino al 30 per cento evidenziando il considerevole potenziale di miglioramento dell’efficienza energetica.