Un indagine, condotta dall’European Environment Bureau e pubblicata lo scorso 16 maggio, rivela alcuni dati interessanti circa il sostegno alle proposte di modifica riguardanti le Direttive sull’Economia Circolare da parte dei Paesi Membri della Comunità europea, denotando una situazione estremamente differenziata fra essi.
I risultati dell’indagine condotta dall’European Environment Bureau
Un indagine, condotta dall’European Environment Bureau (EEB) e pubblicata lo scorso 16 maggio, rivela differenti approcci circa il sostegno alle proposte di modifica delle Direttive sull’Economia circolare (rifiuti, discariche, pile, RAEE ed imballaggi) da parte dei Paesi Membri della Comunità europea.
Che cos’è l’EEB. L’EEB è un istituto creato nel 1974 che raggruppa la maggiorparte delle organizzazioni ambientali di base in Europa, e si occupa, trasversalmente, di varie tematiche, dalla biodiversità ai rifiuti, dalle nanotecnologie ai prodotti chimici, passando per l’ecolabel e i cambiamenti climatici. L’obiettivo dell’Ente è quello di promuovere le richieste delle organizzazioni a livello europeo e globale, stabilendo un contatto quasi costante con le istituzioni europee (Commissione, Parlamento e Consiglio) ed i dipartimenti competenti delle Nazioni Unite (UNDESA, UNEP) e OCSE, per migliorare, modificare e/o integrare le leggi sull’ambiente in Europa e oltre. Allo stesso tempo l’EEB fornisce anche informazioni di qualità al pubblico, ai suoi membri e alle istituzioni europee attraverso articoli, relazioni e documenti[1].
European Environment Bureau, assieme a Friends of Earth Europe e Zero Waste Europe, ha richiesto agli Stati membri se sostengono le proposte per promuovere la politica dei rifiuti dell’UE nei negoziati che si svolgeranno a Bruxelles nelle prossime settimane, dichiarando, in particolare, la loro posizione sull’economia circolare a seguito di tale approvazione.
In estrema sintesi le proposte già approvate dal Parlamento europeo lo scorso marzo (vedi articolo pubblicato su Cisambiente news), prevedono un ampio ventaglio di obiettivi: targets di riciclaggio più elevati per i rifiuti solidi comunali, per la preparazione al riutilizzo dei rifiuti solidi urbani e riutilizzo degli imballaggi; il miglioramento qualitativo delle raccolte differenziate di tutti i flussi di rifiuti, compreso il biowaste; introduzione di regole a livello comunitario che rafforzano la responsabilità del produttore (principio introdotto con la precedente Direttiva Quadro sui rifiuti, la n. 98 del 2008), ed anche ambiziosi obiettivi per ridurre la produzione di rifiuti entro il 2030.
L’indagine dimostra che l’ambiziosa riforma della legislazione sui rifiuti dell’UE è osteggiata da un certo numero di Stati membri, sottolineando la possibilità di uno stallo nella transizione verso il modello di economia circolare così delineato dalle Istituzioni comunitarie. Tra le altre cose, in gioco è la creazione di oltre 800.000 posti di lavoro (uno su dieci provenienti dal riutilizzo), di 72 miliardi di euro all’anno in risparmi in tutta Europa, nonché la possibilità di evitare la produzione di oltre 420 milioni di tonnellate di CO2 equivalente.
I paesi “ritardatari”.
Curiosamente i Paesi maggiormente contrari (definiti dall’European Environment Bureau come “ritardatari”) sono proprio quelli virtuosi e considerati leader nella politica dei rifiuti, nonostante la loro enorme quantità di rifiuti generati, come Danimarca e la Finlandia.
L’Istituto ipotizza che l’italia sia fra quei paesi che, pur sostenendo un obiettivo di riciclaggio del 65%, si possa opporre alla realizzazione di piani che prevedano l’obbligatorietà della preparazione al riutilizzo, l’obiettivo del 10% per il riutilizzo degli imballaggi e la determinazione di obiettivi di prevenzione dei rifiuti, che pure rappresentato elementi prioritari e caratteristici di in un’economia circolare.
I paesi “Leader”
Sulla sponda opposta si pongono i paesi del sud Europa, per i quali, generalmente, la gestione dei rifiuti rappresenta una grave questione ambientale, come la Grecia, la Romania, e la Spagna: Essi richiedono un maggiore sostegno al riciclo, alla prevenzione dei rifiuti, alla preparazione al riutilizzo e alla migliore raccolta differenziata. Altri paesi progressisti che sostengono le riforme sono la Francia, il Belgio ed i Paesi Bassi.
[1] Fonte: http://www.eeb.org/index.cfm/about-eeb/how-the-eeb-works/