Per il Ministro Cingolani “l’imperativo è togliersi dai piedi il carbone subito”.
Le centrali a carbone (ne sono rimaste sette in Italia, di cui una definitivamente spenta a La Spezia e due, a Fusina e Brindisi, solo parzialmente in funzione) nel 2021 hanno coperto il 4,3% del fabbisogno e il 4,9% della produzione nazionale di energia elettrica. Soprattutto in questa fase in cui i prezzi del metano sono alle stelle ed è una priorità anche la riduzione della nostra dipendenza dalle importazioni di gas dalla Russia, sarebbe importante ricordare che un contributo significativo alla riconversione di queste centrali può venire dal Combustibile Solido Secondario (CSS) di alta qualità, il CSS-C, che il lungimirante D.M. n. 22 del 14 febbraio 2013, nel rispetto di stringenti condizioni di controllo in fase di produzione ed utilizzo nei cementifici e, appunto, nelle centrali termoelettriche, classifica come “end of waste”, quindi come un vero e proprio combustibile alternativo a quelli fossili e/o da derivazione petrolifera
Le sole imprese associate ad A.I.R.E.C., l’Associazione aderente a Confindustria Cisambiente e che raggruppa tutti i principali soggetti privati che producono CSS, hanno una capacità produttiva installata di 750.000 t/anno (in continua ascesa). Se a queste si aggiungono le imprese non associate, si può stimare una capacità produttiva che non dovrebbe essere lontana da 1.250.000 t di combustibile di alta qualità conforme al citato DM del 2013, non di “frazione secca” proveniente dagli impianti di trattamento meccanico-biologico (TMB) dei rifiuti urbani, da cui derivano 1.400.000 t ulteriori, ma di qualità meno elevata.
Si consideri che il CSS-C ha un potere calorifico pari al 95% di quello del carbon coke e al 54% di quello del metano. Provando a fare un esercizio puramente teorico (che non può per altro essere applicato sic et simpliciter meccanicamente alle situazioni reali) ciò significa che una produzione ipotetica di 1.250.000 t di CSS potrebbe sostituire 675.000 t di metano e 1.200.000 t di carbone. Si tratta sicuramente di un’importante opportunità, che non può essere sprecata per accontentare opposizioni preconcette che si ammantano di un malinteso ambientalismo. E’ sulla spinta di questa “vulgata” ascientifica che la UE rischia addirittura di mettere i Combustibili Solidi Secondari fuori dalla sua “tassonometria” (cioè la lista degli investimenti ritenuti sostenibili in Europa dal punto di vista ambientale) in cui, paradossalmente, verrebbero invece inseriti il gas naturale e addirittura il nucleare. Un vero non senso, come ben documentato recentemente anche da un position paper del Laboratorio Ref Ricerche, il più autorevole think tank nazionale sul futuro dei servizi pubblici locali.