Ordine dei dottori commercialisti sul rinvio dell’approvazione del Bilancio

Con un comunicato stampa, il Consiglio Nazionale dei dottori commercialisti (“CNDCEC”) interviene sul tema del rinvio dell’approvazione del bilancio in seguito alle recenti modificazioni del tracciato normativo.

Il parere del Consiglio nazionale

Le novità previste dalla legislazione speciale in materia di benefici apportati da parte delle amministrazioni pubbliche e l’applicazione della rivalutazione concessa dalla legge sul bilancio 2019 potrebbero costituire cause per il rinvio dell’approvazione del bilancio da parte dell’assemblea dei soci, qualora lo statuto sociale contenga tale facoltà.

In definitiva si prospetta la possibilità che le Aziende possano rinviare l’approvazione del Bilancio, se esiste una previsione statutaria in merito.

Lo evidenzia, mediante opportuno comunicato, il Consiglio nazionale dei commercialisti, sulla scorta di una regola riportata nel codice civile (art.2364), che prevede infatti l’approvazione del bilancio delle SpA (norma estesa anche alle Srl dall’art. 2478 bis) possa avvenire entro 180 giorni dalla data di chiusura dell’esercizio, anziché entro 120 giorni, qualora “lo richiedono particolari esigenze relative alla struttura ed all’oggetto della società”[1].

Proprio con riferimento a questa ipotesi di deroga, considerando che i provvedimenti relativi alle comunicazioni da effettuare per i soggetti che hanno ottenuto benefici dalla Pubblica amministrazione hanno generato non pochi dubbi e difficoltà  a commercialisti e società (anche alla luce delle sanzioni in caso di mancato rispetto di tali previsioni, che possono comportare la restituzione del beneficio conseguito) e rilevando che  la disciplina della rivalutazione dei beni di impresa richiede perizie di stima in funzione di una valutazione circa la sua effettiva convenienza, il CNDCEC sostiene che tali novità  mal si conciliano l’ordinario termine dei centoventi giorni.

Gli effetti della L. n. 124/2017

Il Consiglio nazionale evidenzia come, a seguito della L. n. 124/2017, art. 1, commi 125-129 (recante “,Legge annuale per il mercato e la concorrenza”), il quale prescrive alle imprese “che ricevono sovvenzioni, contributi, incarichi retribuiti e comunque vantaggi economici di qualunque genere” dalle pubbliche amministrazioni e dai soggetti a queste equiparati di pubblicare tali importi quando l’ammontare complessivo non sia inferiore a 10.000 euro nella nota integrativa del bilancio di esercizio e, se predisposto, nella nota integrativa del bilancio consolidato, sta creando non poche apprensioni, giustificate anche dal fatto che il mancato assolvimento dell’obbligo comporta una sanzione restitutoria.

Gli effetti del c.125, art. 1, L. n. 124/2017 sulle imprese che ricevono sovvenzioni e contributi dal pubblico.

Prima di riprendere l’esame del parere emanato dal Consiglio nazionale, è bene ricordare, a latere, la portata di alcun comma sopra richiamati. In particolare, il Legislatore, con la n. 124:

  • da un lato introduce obblighi di trasparenza anche sui soggetti che ricevono erogazioni pubbliche (ex c. 125),
  • dall’altro prevede talune integrazioni agli obblighi di trasparenza in capo ai soggetti che erogano sovvenzioni pubbliche (v. art. 26, D.Lgs. n. n. 33/2013).

Con il primo dei commi sopra, si dispone che entro il 28 febbraio di ogni anno vari soggetti[2], devono pubblicare, nei propri siti internet o portali digitali, quelle informazioni relative alle sovvenzioni, ai contributi, agli incarichi retribuiti e comunque ai vantaggi economici di qualunque genere che hanno percepito nel corso della precedente annualità, dal Pubblico[3].

In questa sede desta particolare interesse il fatto che l’obbligo di trasparenza si debba applicare anche alle imprese che hanno ricevuto sovvenzioni, contributi, incarichi retribuiti e comunque vantaggi economici di qualunque genere da pubbliche amministrazioni e dagli altri soggetti sopra indicati.

In questo caso la modalità di l’assolvimento dell’obbligo di trasparenza risulta diversa, ed in particolare le imprese devono dare indicazione degli importi delle somme ricevute nella nota integrativa del bilancio di esercizio e nella nota integrativa dell’eventuale bilancio consolidato[4]: una conseguenza tangibile potrebbe essere costituita dall’appesantimento di questa parte specifica della documentazione di bilancio.

E’ opportuno precisare che il successivo comma 127 prevede che, per evitare l’accumulo di informazioni non rilevanti, vi è una soglia minima di 10.000 euro: la pubblicazione non è dovuta se l’importo ricevuto dal

beneficiario nell’anno precedente è inferiore a questa soglia.  L’inosservanza dell’obbligo di pubblicazione da parte di entrambe le categorie di beneficiari comporta la restituzione delle somme ricevute ai soggetti eroganti.

Gli effetti della legge di bilancio 2019

Riprendendo l’esame del parere in oggetto, lo stesso Consiglio evidenzia come il differimento dei termini di approvazione del bilancio possa essere altesì legato alle rivalutazioni dei beni di impresa (sulla scorta delle prescrizioni contenute nell’art. 1, L. n. 145/2018, commi 940-950, recante “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021), le quali richiedono apposite perizie di stime.

L’analisi di convenienza della suddetta rivalutazione potrebbe, infatti, richiedere tempi che mal si conciliano con l’approvazione del bilancio entro i 120 giorni.

Il breve tempo a disposizione e la possibilità che escano nuovi documenti di prassi sui temi rendono evidente a taluni operatori come il tempo previsto per poter approvare il bilancio nelle scadenze dettate dal codice civile possa quindi non essere sufficiente per poter organizzare e stimare in maniera adeguata l’impatto derivante dall’applicazione delle norme in esame.

[1] In particolare, ai sensi del comma 2 l’assemblea ordinaria deve essere convocata almeno una volta all’anno, entro i termini stabilito dallo statuto, che non possono eccedere un periodo superiore ai 120 giorni dalla chiusura dell’esercizio sociale; lo stesso articolo consente, nelle fattispecie straordinarie ivi previste, che gli amministratori si possono avvalere di un maggior tempo, ma non eccedente i 180 giorni.

[2] Con riferimento a: a) associazioni di tutela ambientale ex art. 13 L. n. 349/1986; b) associazioni dei consumatori e degli utenti ex. Art. 137 D.Lgs. n. 206/2005; c) le associazioni; d) le onlus; e) le fondazioni.

[3] Ed in particolare da: a) da pubbliche amministrazioni e soggetti di cui all’articolo 2‐bis del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 334; b) da società controllate, di diritto o di fatto, direttamente o indirettamente, da pubbliche amministrazioni, comprese le società con azioni quotate e le loro partecipate; c) da società a partecipazione pubblica, comprese quelle che emettono azioni quotate e dalle loro partecipate.

[4] Appare pacifico che in questo caso il termine per l’adempimento dell’obbligo non sia il 28 febbraio ma quello previsto per la redazione dei bilanci.

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