Con un interrogazione a risposta presso la Commissione Finanze presentata dal movimento cinque stelle, il il Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF), attraverso il sottosegretario P. P. Baretta ha recentemente chiarito alcuni aspetti riguardanti il computo della TARI. Dalla risposta emerge che gli Enti locali, per anni, sulla scorta del c.d. “metodo normalizzato” per il calcolo della tassa introdotto nel 1999, hanno prodotto calcoli errati, sovraccaricando ingiustamente le utenze del servizio di igiene urbana.
Il c.d. “metodo normalizzato”
Con un interrogazione a risposta presso la Commissione Finanze presentata dal movimento cinque stelle, il il Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF), attraverso il sottosegretario Pier Paolo Baretta ha chiarito alcuni aspetti riguardanti il computo della TARI. Dalla risposta emerge che gli Enti locali, per anni, sulla scorta del c.d. “metodo normalizzato” per il calcolo della tassa introdotto nel 1999, hanno prodotto calcoli errati, sovraccaricando ingiustamente le utenze del servizio di igiene urbana. Una successiva Circolare ministeriale ha confermato l’errore compiuto.
Ma in cosa consiste il metodo normalizzato e dove si “nasconde” l’errore dei Comuni?
Il DPR n. 158 del 27 aprile 1999, recante “elaborazione del metodo normalizzato per la definizione della tariffa rifiuti”[1], definisce il metodo per la determinazione delle componenti di costi da coprirsi con le entrate tariffarie di ciascun ente locale, e della tariffa di riferimento che ne è alla base, relativa alla gestione dei rifiuti urbani, ovvero principalmente generati da “luoghi e locali adibiti ad uso di civile abitazione” (in altri termini dai Cittadini, e dalle imprese che vedono “assimilati” i propri rifiuti speciali agli urbani)
In particolare, con all’articolo 5, viene stabilito il metodo di calcolo relativo alla tariffa per le utenze domestiche», che rimanda il Lettore all’allegato 1 e precisamente al punto 4.2 del medesimo relativo al «Calcolo della parte variabile delle tariffe per le utenze domestiche».
L’oggetto dell’interrogazione
L’interrogazione era tesa a chiarire se gli Enti locali dovessero computare la quota variabile della tassa sui rifiuti (TARI) una sola volta per tipologia di occupazione, ad esempio per una utenza domestica, pur se questa risulti dovesse essere costituita da più superfici[2].
In particolare veniva citato il caso di una superficie complessiva di 150 m2, di cui 100 m2 relativi all’appartamento, 30 m2 al garage e 20 m2 alla cantina, e di un nucleo familiare di 4 persone – per cui i Comuni talvolta moltiplicano la quota variabile sia in relazione all’appartamento che alle due pertinenze, determinando una tariffa notevolmente più elevata rispetto a quella che risulterebbe considerando la quota variabile una sola volta rispetto alla superficie totale.
Tale opzione non potrebbe essere applicabile da parte di un Ente locale: veniva infatti rilevato come, dalla lettura del punto 4.2 dell’allegato 1 del DPR in esame, relativa alle modalità di calcolo della parte variabile delle tariffe per le utenze domestiche, non sia possibile computare la quota variabile sia in riferimento all’appartamento che per le pertinenze[3].
Pertanto, da tale disposizione si può far discendere che se una singola utenza è composta – riprendendo ancora una volta il precedente esempio – da un appartamento, un garage e una cantina, la parte variabile va considerata una sola volta e, di conseguenza, un diverso modus operandi da parte dei comuni non trova alcun supporto normativo[4].
La circolare n. 1/DF del MEF
In risposta a tale interrogazione, lo scorso 21 novembre, il MEF ha puntualizzato, con propria Circolare n.1 / DF, proprio che la parte variabile della tariffa della Tassa Rifiuti (TARI), deve essere computata solo una volta, considerando l’intera superficie dell’utenza composta sia dalla parte abitativa che dalle pertinenze situate nello stesso Comune.
Al contrario, il nucleo familiare che costituisce parametro per la parte variabile del tributo, verrebbe, appunto preso in considerazione due volte. E’ opportuno precisare che il Contribuente che ha versato erroneamente la TARI può chiedere il rimborso della quota ingiustamente versata, a decorrere dalla data di entrata in vigore della stessa (emanata con la L. n. 147/2013, entrata in vigore il primo gennaio dell’anno successivo).
[1] Modificato ed integrato con le modifiche apportate dalla L. n. 488 del 23 dicembre 1999, “Legge Finanziaria 2000”) e dalla L. n. 289 del 27 dicembre 2002.
[2] Per ulteriori informazioni: http://aic.camera.it/aic/scheda.html?core=aic&numero=5/10764&ramo=C&leg=17
[3] Il punto 3 del predetto allegato 1, infatti, nel disciplinare la suddivisione della tariffa in parte fissa e parte variabile, prevede che «la parte variabile ΣTV, invece, dipende dai quantitativi di rifiuti prodotti dalla singola utenza.
[4] A conforto di tale assunto, va inoltre citato il contenuto dell’articolo 17, c. 4, del Prototipo di Regolamento per l’istituzione e l’applicazione del tributo comunale sui rifiuti e sui servizi (TARES) – i cui principi possono ritenersi applicabili anche relativamente alla TARI – in ordine agli occupanti le utenze domestiche, dove viene precisato che “le cantine, le autorimesse o gli altri simili luoghi di deposito si considerano utenze domestiche condotte da un occupante, se condotte da persona fisica priva nel comune di utenze abitative. In difetto di tale condizione i medesimi luoghi si considerano utenze non domestiche». Tale prescrizione prende in considerazione un caso particolare, in relazione al quale sono stati forniti chiarimenti in ordine al numero di occupanti da considerare ai fini del calcolo della tariffa, prevedendo la facoltà di considerare le cantine, le autorimesse o altri simili luoghi di deposito, condotti da un occupante persona fisica, alla stregua di utenze domestiche con un solo occupante, nel caso in cui tali immobili siano situati in un comune nel quale il conduttore persona fisica non abbia anche la propria utenza abitativa.